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Francesco Zoleo, una vita sulle piattaforme petrolifere in giro per il mondo. «Il Napoli non manca mai»

Francesco Zoleo, una vita sulle piattaforme petrolifere in giro per il mondo. «Il Napoli non manca mai»

È un cittadino del mondo, Francesco Zoleo: a soli 42 anni ha vissuto già in più di dieci Stati diversi senza aver perso la curiosità di scoprire nuovi posti. «Sì, tornerei a Napoli – dice – ma non ora che sono nel pieno della carriera, e solo se incontrassi l’anima gemella». Single, nato e cresciuto a Napoli, in viale Colli Aminei, nel 2000 Francesco parte per l’Erasmus, destinazione Bristol, poi torna a Napoli e si laurea in Geofisica. Ben presto, soprattutto dopo l’esperienza inglese, si rende conto che non potrà esercitare la sua professione restando a casa e decide di fare un Master a Londra. «Non avevo i soldi per pagarmelo: ho dovuto lavorare più di un anno per mettere da parte i 4750 pounds necessari per le tasse».

Il Master si rivela ben presto un ‘passaporto per il lavoro’. Francesco viene chiamato ad Aberdeen per fare il Mud Looger: «Analizzavo i fanghi da piattaforma, non era proprio quello che avevo studiato, geofisica e geologia, ma fu lo step per entrare nel mondo dell’‘Oil Business’». Dopo otto mesi viene assunto dalla prima compagnia petrolifera. Da allora ne cambia sei: prima in Egitto («Gli egiziani sono molto simili ai napoletani. Dovevo contrattare per qualsiasi cosa!»), poi in Portogallo («Una nazione simpaticissima, con buon vino e una lingua simile alla nostra»), in Algeria, in Texas, e infine in Olanda. «Ma volevo cambiare, mettermi di nuovo in gioco, così iniziai a spulciare su Internet e trovai la ‘position’ che faceva al caso mio a Fortaleza, in Brasile. Cercavano un apprendista in un laboratorio di Geofisica. Pagavano 1000 reais al mese, poco, ma volevo imparare nuove tecniche. Dovevo restare solo tre mesi, sono diventati diciotto, una full immersion, un periodo durante il quale ho girato tutto il Brasile».

Francesco però non ama restare fermo troppo a lungo, così si sposta in Angola, dove resta circa due anni toccando con mano «molta povertà e corruzione, a dispetto della compagnia per cui lavoravo, che guadagnava milioni di dollari al giorno». Infine, approda in Norvegia, «un paese molto bene organizzato ma un po’  caro, dove una birra al bar può costare anche 10 euro,  ma dove gli stipendi sono rapportati all’economia». La sua residenza, però, resta a Bristol: è lì che torna quando è ‘off’. Il lavoro sulle piattaforme petrolifere e sulle navi sismiche è usurante: lavora 12 ore al giorno per cinque settimane e poi ha cinque settimane di pausa durante le quali, dopo una tappa a Bristol di massimo due giorni, continua a girare il mondo per piacere. «In ogni posto in cui sono stato ho preso qualcosa: forse quello che mi è piaciuto di più è stato il Brasile. Fortaleza ha 300 km di spiaggia, una vita abbastanza economica e una temperatura sempre sui 25 gradi. Sono stato anche a Fernando de Noronha, un’isola paradisiaca». Stila perfino una classifica dei caffè bevuti nella sua vita: «Il più schifoso l’ho provato in Papua Nuova Guinea, mentre uno dei più buoni è stato ad Auckland, naturalmente sempre secondo a quello napoletano».

A Bristol, comunque, per quel poco che la vive, Francesco si trova bene: «Ha molto da offrire come città. È bellissimo il Ponte dei Sospiri, che la divide in due, e pure la gara di mongolfiere che si tiene ad agosto. È anche una città artistica, patria di un artista di strada che si chiama Banksy, famoso in tutto il mondo». Mi racconta del ‘Jacket Potato’, la specialità del posto: una patata bollita ripiena di formaggio e insalata. «Qui bere è uno sport nazionale, ma io mi tengo leggero, al massimo una birra al cedro». Ogni giovedì, a Bristol, incontra la nutrita comunità italiana, che si tiene in contatti tramite una pagina Facebook.

Francesco torna a Napoli due volte l’anno, d’estate e a Natale. Ogni volta che viene si concede una passeggiata a Mergellina: «Da Chiquitos a Via Acton si sente il profumo iodato di Napoli, and so on, cheers».

Il Napoli per lui è la squadra della sua città «e solo per questo meriterebbe rispetto». Oggi vede la partita in città, a casa, dove è tornato per Natale. Ha pranzato con i suoi, che dopo il caffè sono rimasti davanti alla tv a vedere Giletti. Lui guarda il Napoli in camera, seduto sul letto a luce spenta, su Hahasport, con commento in francese. Lo preoccupa quel «vecchio marpione di Reja che conosce bene il Napoli». Quando Reina para su Moralez elogia il ‘culo’ che «ci vuole sempre, nella vita». Arriva all’intervallo invocando un episodio che sblocchi il risultato, poi si concede un po’ di shopping economico sui siti Uk: «Sto vedendo una tshirt della Givenchy. Sono un ragazzo un po’ fashion», dice sorridendo mentre porta a casa l’ultimo paio di scarpe Del Toro numero 44. Pochi minuti e Hamsik segna un rigore colpendo la traversa. Francesco salta dal letto: «Sembrava fuori!». Dura solo due minuti: non fa in tempo a guardare la classifica che i commentatori francesi gli gelano il sangue annunciando il pareggio dell’Atalanta. Poi salta ancora, con il gesto dell’ombrello e un “Gooo” urlato a squarciagola. Porta il tempo che manca, salta ancora, salta più volte «per colmare tutte le occasioni perse». Vinciamo. «Sono sollevato! Adesso vado a comprare gli ultimi regalini al centro storico. Roba tipica nostra. Sono un ragazzo fashion, sì, ma tradizionale».
Ilaria Puglia

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