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Ulivieri nel corso dei Mondiali Antirazzisti: «Il calcio e lo sport in sé non hanno valori, i valori ce li mettiamo noi, la passione, il sudore, l’attaccamento alla maglia, la sportività. I valori li creiamo noi e non il calcio»

Ulivieri nel corso dei Mondiali Antirazzisti: «Il calcio e lo sport in sé non hanno valori, i valori ce li mettiamo noi, la passione, il sudore, l’attaccamento alla maglia, la sportività. I valori li creiamo noi e non il calcio»

DIAMO UN CALCIO A QUESTO CALCIO” è il titolo del dibattito con cui si è conclusa la terza giornata dei Mondiali Antirazzisti Uisp, in corso di svolgimento a Castelfranco Emilia (Mo) sino a domani in collaborazione con Assocalciatori. All’incontro hanno partecipato Damiano Tommasi (presidente Assocalciatori), Renzo Ulivieri (presidente Assoallenatori), Matteo Marani (direttore Guerin Sportivo), Luca di Bartolomei (responsabile sport per il Pd), Vincenzo Monaco (presidente UISP), Cecyle Kyenge (europarlamentare), Massimo Paganin (ex calciatore) e Carlo Paris (direttore Raisport) in qualità di moderatore.

Paris sottolinea la differenza tra il calcio degli anni ottanta e questo calcio; dice: «Uno dei problemi che crea disaffezione oggi, sono le enormi distanze tra il pubblico e i protagonisti, ricordo che il calcio degli anni ottanta aveva meno barriere rispetto ad oggi e per il pubblico era più facile stabilire un contatto coi calciatori e con le squadre. Anche per noi addetti ai lavori ora è più difficile stabilire un contatto coi giocatori e queste enormi barriere non fanno altro che creare un distacco. Il calcio non è più amato come lo era allora».

Massimo Paganin accenna a quanto sia importante preparare i ragazzi che vogliono intraprendere la carriera di calciatore: «spesso vediamo ragazzi di soli vent’anni calcare palcoscenici importanti con guadagni molto elevati ma sono pur sempre ragazzi che si ritrovano catapultati in una realtà cui non sono preparati e quindi rischiano di non reggere le pressioni. Ritengo che sia necessario prepararli». Matteo Marani: «chi come me vive di calcio e lavora a stretto contatto con l’ambiente è in un certo senso obbligato a seguire molte partite di molti campionati. Nel calcio attuale comincio il venerdì col primo anticipo di serie B, il sabato guardo diretta gol di B alle 15 poi alle 18 il primo anticipo di serie A sono ormai le 20.00, alle 20.45 c’è l’altro anticipo di A, poi la domenica a mezzogiorno hanno introdotto un altro anticipo così arriviamo alle 14.30, alle 15 diretta gol di serie A, ultimamente è stata inserita un’altra partita alle 18 di domenica per chiudere col posticipo delle 20.45. Il lunedì un altro posticipo e poi martedì e mercoledì la Champions il giovedì l’Europa league fino ad arrivare di nuovo al venerdì. Questo praticamente preclude una vita sociale ed è così anche per i semplici appassionati che oggi per seguire il calcio rischiano di non staccarsi mai dalla tv. Quando le partite si guardavano principalmente allo stadio, il retropassaggio al portiere faceva parte di una dinamica di gioco, al tifoso non infastidiva o comunque non annoiava più di tanto, in ogni caso non potevano cambiare canale; per le tv quella regola andava modificata perché comportava un alto rischio di cambio canale. Questo per farvi capire come cambia lo sport dal momento in cui diventa televisivo. Non sono contrario al calcio in tv, sono contrario a questo tipo di calcio in tv perché è orientato a tenere incollate le persone allo schermo togliendo spazio alla vita sociale. In Premier league, dove gli introiti sono già di gran lunga superiori e con le nuove riforme si apprestano a triplicare, non hanno bisogno di tutto ciò. In Italia avremmo bisogno di nuovi dirigenti, più giovani».

Molto belle le parole di Ulivieri che rimarca il concetto di Marani «Il calcio e lo sport in sé non hanno valori, i valori ce li mettiamo noi, la passione, il sudore, l’attaccamento alla maglia, la sportività, i valori li creiamo noi e non il calcio. La domenica a mezzogiorno è un momento in cui le famiglie dovrebbero riunirsi e stare insieme, sedersi a tavola, mangiare. Quella partita in particolare va eliminata, io non la guardo. Tavecchio non l’abbiamo eletto noi ma la parte potente del calcio, quella parte del calcio che a noi non piace, l’hanno eletto le persone del calcio televisivo».

Chiude il dibattito la Kyenge che sottolinea l’importanza e la necessità di una cultura sportiva, in particolare nel calcio «ll calcio femminile sta diventando una realtà importante anche in Italia ma purtroppo lo spettatore non riesce ad evitare il paragone col calcio maschile. Quando il pubblico guarda una partita di volley femminile sa esattamente che assisterà ad uno spettacolo diverso rispetto ad una partita di volley maschile, nel calcio questo non esiste, c’è sempre la tendenza al paragone e questo non fa bene al calcio femminile».
Arturo Scassa

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