Il Guardiolismo è finito, e ora il mondo della tattica aspetta la prossima rivoluzione (Guardian)
"Siamo in una fase eccitante, tra sperimenti e restaurazione. Ma forse solo la rivoluzione dei dati e l'intelligenza artificiale avranno un impatto altrettanto profondo"

Manchester City's Spanish manager Pep Guardiola gestures on the touchline during the English FA Cup final football match between Crystal Palace and Manchester City at Wembley stadium in London, on May 17, 2025. (Photo by Glyn KIRK / AFP)
Almeno per i feticisti del genere “questo è un periodo affascinante per la tattica”, scrive Jonathan Wilson sul Guardian. Perché “la convinzione monolitica del guardiolismo si è frantumata e nessuno sa con certezza cosa succederà. È un po’ come il calcio inglese dopo la sconfitta contro l’Ungheria nel 1953. I vecchi metodi sono finiti e al loro posto è arrivata un’epoca di sperimentazioni e contro-sperimentazioni su piccola scala da cui, alla fine, verrà sintetizzata la nuova era”.
Un’era fatta di ritorno al lancio lungo, di marcatura a uomo, di lento abbandono della dolorosa costruzione dal basso a tutti i costi. Una sorta di restaurazione che però si muove per sottrazione, anzi, come scrive Wilson: “Questo è stato l’anno della reazione negativa, e poi di una reazione negativa alla reazione negativa”.
“Per quasi due decenni il calcio aveva accettato il consenso guardiolista. Possesso palla, pressing, ma soprattutto posizione, attenta gestione dello spazio. Campi notevolmente migliorati permettevano di dare per scontato il primo tocco: i giocatori che ricevevano palla non dovevano concentrarsi sul controllo, ma potevano invece analizzare le loro opzioni. Il gioco era diventato una partita a scacchi con la palla, una questione di strategia più che di fisicità“.
C’è “una tendenza più generale della storia tattica, che consiste nella reinvenzione di vecchi metodi in nuove circostanze. Ciò non significa, come spesso si sostiene, che le tattiche siano cicliche. Ciò implicherebbe che seguano uno schema prestabilito – inverno, primavera, estate, autunno – quando in realtà il cambiamento delle priorità può portare all’emergere di vulnerabilità che, una volta riconosciute, possono essere sfruttate. Con l’aumento del possesso palla, l’attenzione dei difensori, almeno nei club d’élite, si è spostata meno su colpi di testa, marcature e contrasti, le vecchie virtù difensive, e più sulla loro abilità con la palla. Il che, a quanto pare, offriva un’opportunità se si riusciva a metterli sotto pressione aerea. Ciò ha portato a un piccolo panico morale. Come potrebbe sopravvivere il calcio se si riducesse a una serie di calci piazzati, se la fluidità che può rendere il calcio così avvincente venisse spazzata via da una generazione di guru con iPad e manuali di gioco?”.
“Nel corso degli anni, tuttavia, il calcio ha dimostrato una notevole capacità di stabilizzarsi, di mantenere l’equilibrio tra attacco e difesa, tra tecnica e fisico, senza la necessità di modificare le regole come hanno fatto altri sport. Non sembra irragionevole supporre che il calcio continuerà a essere così per un certo periodo. Questo sport ha 160 anni, è maturo. Se ci saranno rivoluzioni, saranno rare e quasi certamente basate su un progresso tecnologico simile al cambiamento nella tecnologia dei campi che ha portato al guardiolismo; è possibile immaginare che la rivoluzione dei dati e l’intelligenza artificiale abbiano un impatto altrettanto profondo. Ciò che ha fatto Pep Guardiola, rievocando i principi del Calcio Totale per un mondo di campi piatti, dando vita a una rivoluzione mondiale, è eccezionalmente insolito”.
Il futuro per Wilson va verso “un approccio di ritocchi e adattamento, supportato dalla rivoluzione dei dati, forse saccheggiando il passato per trovare approcci che le squadre moderne hanno dimenticato come gestire”.










