De Laurentiis: «I calciatori non dovrebbero essere dipendenti ma liberi professionisti. Occhio a Dazn»
Il presidente a Radio Crc: «Dovrebbe essere il club a decidere se il giocatore può o non può andare in nazionale. Il calcio inglese non è così in salute come sembra».

Db Milano 01/12/2025 - Gran Gala' del Calcio Aic 2025 / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Aurelio De Laurentiis
Aurelio De Laurentiis è intervenuto a Radio Crc per i consueti auguri di Natale.
«Anche con Benitez avevamo vinto due trofei, ma questi sono diversi. Maradona non si riesce mai ad eguagliare, nessuno è grande come lui che aveva uno spirito da scugnizzo partenopeo. Con Maradona abbiamo anche lavorato a un film. Del Napoli, però, mi sono innamorato da piccolo anche con il ciuccio del diario di Jacovitti. Ho pensato al Mercante in Fiera con i protagonisti di oggi e quelli storici, l’ho subito detto a Bianchini. Sarebbe bello anche fare una serata con primo premio in beneficenza”.
Qual è stato il momento più emozionante di questi trofei?
«Il passaggio dalla B alla A è stato indimenticabile, un momento che ti segna. In tutta la mia vita ho cercato di far divertire le persone con il cinema e pochi produttori hanno avuto tanti successi come me. Quindi io quando vedo che i tifosi trasmettono ovunque questo senso di rivincita e questa soddisfazione così grande…beh quello è un godimento che non ti può dare nessun altro trofeo».
La promozione più emozionante dello scudetto quindi?
«No, non diciamo così, però sono emozioni diverse. Anche la festa dell’ultimo scudetto è stata bellissima. Ma chi gestisce il calcio da un punto di vista istituzionale non ha ancora capito che sono troppo legati alla propria poltrona e a considerare come essere rieletti senza considerare che non si deve distruggere un gioco giocando troppo. È come quando fai una cena e sbagli il menù e metti troppe cose. E ora abbiamo gli incubi degli infortuni perché si gioca troppo e non si tiene in considerazione il rispetto per i giocatori. Bisognerebbe cambiare il rapporto di lavoro. I giocatori dovrebbero essere liberi professionisti per non sottoporsi a stress vincolanti. Loro ormai sono aziende. Bisogna regolamentare anche il potere degli agenti. Il calcio vive grazie ai tifosi e non bisogna dimenticarlo. In America l’Nba si è fermata per sei mesi e hanno ricominciato alla grande. Il calcio inglese, invece, non è poi così gaudente da un punto di vista economico come potrebbe sembrare, quindi nel nostro sistema qualcosa non funziona»”.
Si gioca troppo quindi?
«Ma ormai è un pensiero inflazionato questo. Noi abbiamo un sistema medievale dove abbiamo grandi signorotti che comandano il calcio e pensano che a un certo punto possono essere rieletti solo con cose che fanno sorridere. Il problema è che qui tutti vogliono aggiungere, nessuno vuole levare, e allora i nostri calciatori, pagati da noi, vengono dati alle nazionali con una leggerezza incredibile. Dovrebbe essere il club a decidere se il giocatore può o non può andare in nazionale».
Gli altri presidenti non la seguono.
«L’altra volta l’ho detto a Saputo di farsi vedere in Lega. Da 21 anni mi sono stancato di andare a parlare del nulla. Si deve ripercorrere l’atlante dei problemi e solo i proprietari in 24 ore possono prendere le decisioni del caso. Ai dg o agli amministratori che devono tenere intatti i portafogli, non gli puoi chiedere di prendersi un rischio. Occhio a Dazn, io da 5 anni dico ma perché nello stadio reale i biglietti li vendiamo noi e in quello virtuale li vendono gli altri. Il problema è economico e la Lega fa finta di nulla».
Augurio per il 2026?
«Per il 2026 noi ci dobbiamo dotare di salute, salute, salute e un bel corno contro gli iettatori. E non dico altro…».









