È arrivato il momento di far pagare il pubblico sulle grandi salite del ciclismo?

Il New York Times racconta il dibattito sull'ultimo sport rimasto gratuito: "Se chiedi 5 euro d'ingresso, non significa che non sia più uno sport popolare"

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France's Christophe Riblon (R) rides ahead of USA's Tejay Van Garderen as they lead the breakaway during the 172.5 km eighteenth stage of the 100th edition of the Tour de France cycling race on July 18, 2013 between Gap and Alpe-d'Huez, French Alps. AFP PHOTO / PASCAL GUYOT PASCAL GUYOT / AFP

È arrivato il momento di far pagare il pubblico sulle grandi salite del ciclismo?

Sta per cadere anche l’ultimo paradiso gratis del grande sport mondiale: il ciclismo. Perché s’è aperto un “pericoloso” dibattito sulla sua accessibilità: per alcuni è arrivato il momento di far pagare un biglietto anche a chi si assiepa lungo le iconiche salite del Tour de France, le strade di campagna, i passi di montagna sulle Alpi. Almeno nei punti che sono ormai la storia del ciclismo. Ne scrive il New York Times. 

“Privatizziamo gli ultimi 5 chilometri dell’Alpe d’Huez – ha detto per esempio l’ex professionista Jerome Pineau – Facciamo pagare l’ingresso, creiamo una zona vip, creiamo qualcosa per fare soldi. Storicamente, il ciclismo è uno sport popolare, uno sport libero. Ma uno sport libero in cui non ci sono più ciclisti in pista perché ci sono solo due squadre (vincenti), il Bahrein e gli Emirati Arabi Uniti, è meno divertente, no?”.

Le squadre, spiega il Nyt, non ricevono una quota dei diritti di trasmissione dall’onnipotente Amaury Sports Organisation, che organizza la maggior parte delle gare più importanti dello sport. Questo le lascia dipendenti dalla benevolenza degli sponsor, che in uno sport dominato da un piccolo numero di superteam ad alto budget, sono sempre più difficili da trovare. E quindi tocca far soldi come negli altri sport: facendo pagare il pubblico.

Anche Wout van Aert è d’accordo: “Nel ciclismo, forse ci concentriamo un po’ troppo sul fascino e sulla semplicità. Se chiedi 5 euro di biglietto d’ingresso, non significa che non sia più uno sport popolare. Anche il ciclocross è a pagamento, e niente è più ‘popolare’ di questo. Dovremmo avere il coraggio di ripensare a cose del genere”.

Per il presidente dell’UCI (il corrispettivo della Fifa nel ciclismo) David Lappartient “non sarebbe impossibile, ma sarebbe una rivoluzione”.

Il sovraffollamento agli arrivi in ​​vetta è un problema reale, in particolare su montagne iconiche come l’Alpe d’Huez. Già ora – continua il Nyt – alcune pendenze inibiscono la gara, con i corridori impossibilitati a sorpassare i rivali in un groviglio di corpi o, come memorabilmente accaduto a Chris Froome sul leggendario Mont Ventoux, ostacolano la moto della tv al punto che la maglia gialla ha dovuto correre in salita in attesa di una bici sostitutiva.

Fortunatamente – continua il Nyt – “si tratta di un dibattito che non necessita di essere portato avanti in tribunale. L’ASO ha già espresso la propria opposizione a tale idea, con il vicedirettore Pierre-Yves Thouault: “In sostanza, la bicicletta è gratuita e l’introduzione di un sistema di biglietteria non è assolutamente all’ordine del giorno”.

Le uniche corse che potrebbero alimentare questo interesse, con certezza, sarebbero il Tour de France, il Giro d’Italia e la Parigi-Roubaix. A lungo termine, questo interesse potrebbe essere esteso ad alcune tappe della Vuelta, la Milano-Sanremo, la salita finale di Siena alla Strade Bianche e ad alcuni tratti del Giro delle Fiandre.

Ma la considerazione successiva è che “nel ciclismo, la gara è plurale; include e consuma anche chi è ai lati della strada. L’anima è lo spettacolo, che per definizione è anche il tifo. Perdere tifosi nei momenti chiave della gara? Rischi di perderne molti di più. Le orde di tifosi sull’Alpe d’Huez sono una delle immagini iconiche del ciclismo, stretti in segno di riverenza lungo ognuna delle 21 curve. La zona è già una località esclusiva per sciatori facoltosi per tutto l’inverno. La montagna dovrebbe essere chiusa anche d’estate? 50 euro per accedere alla curva olandese, maglietta arancione inclusa? Agli organizzatori potrebbe persino essere chiesto di stabilire percorsi regolari in base all’accesso all’ospitalità. Alcune destinazioni potrebbero rivelarsi troppo difficili da pianificare. I ripidi sentieri del Ventoux? Anche per il circo itinerante, una delle più grandi imprese logistiche dello sport, l’intrattenimento aziendale a pagamento potrebbe essere eccessivo su una montagna solitaria, spesso battuta da forti venti”.

“Ma in un panorama sportivo che è sempre più una corsa al profitto, il ciclismo ha bisogno di celebrare le sue differenze – conclude il Nyt – Il ciclismo ha i suoi problemi: sicurezza, modelli di finanziamento, pubblicità sportiva. Ma ha anche una bellezza innegabile: il paesaggio, le persone, l’accessibilità”.

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