Puzone: «Con Maradona andammo a Las Vegas, gli era scaduto il passaporto e Diego chiamò Reagan per risolvere»

Alla Gazzetta: «Con lui a Roma giravamo i migliori locali, sapevi quando uscivi e mai quando tornavi. Ho vissuto anni oltre il limite»

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1989 archivio Storico Image Sport / Napoli / Diego Armando Maradona / foto Imago/Image Sport

Pietro Puzone ha vinto lo scudetto col Napoli nel 1987 ed era molto amico di Diego Armando Maradona. La sua intervista alla Gazzetta dello Sport, il giorno dell’anniversario della morte del Pibe.

L’intervista a Puzone su Maradona

A Napoli eravate sempre insieme, durante gli allenamenti e non solo…

«Sono cresciuto nelle giovanili azzurre, ero un’ala destra promettente. Ho debuttato nel 1982 contro il Cesena. Due anni dopo è arrivato Maradona, mi chiamava affettuosamente Pedro. In campo era un genio, lo abbiamo visto tutti. Fuori invece è sempre stato un gentiluomo. La famosa partita di beneficenza ad Acerra è l’esempio perfetto. Sono nato e cresciuto in città. Conoscevo la famiglia Quarto, il piccolo soffriva di una malformazione al labbro che rischiava di aggravarsi. Per l’intervento chirurgico avevano bisogno di 64 milioni di lire. Diluviava, l’arbitro era un vigile urbano. Ferlaino si infuriò per quella decisione. Non raggiungemmo la cifra prevista con l’incasso dei biglietti, Diego staccò un assegno per pagare la restante parte.»

Purtroppo, in campo, Puzone e Maradona si sono incrociati pochissimo…

«Lui era il calciatore più forte al mondo, io un giovane che pensava soltanto a divertirsi. Non ho saputo gestire il mio talento, ho perso tutte le occasioni. Al Napoli giocavo poco. Ero sempre in giro di notte con Diego, quante ne abbiamo combinate insieme. Durante un giorno libero prendemmo la sua Ferrari e andammo a Roma. Stavamo sfrecciando in autostrada, all’improvviso dallo specchietto retrovisore vedo le sirene. Dico a Diego di accostarsi. I poliziotti si avvicinano, pensavo ci volessero fare una multa. Invece chiesero soltanto di scattare una foto con Maradona».

È vero che di ritorno da una trasferta non avevate più neppure i soldi per pagare la benzina?

«Giocammo contro la Samp di Vialli e Mancini. Domenica notte eravamo già a Roma, girammo i migliori locali della città. Ci piaceva ballare, divertirci. Con Diego sapevi a che ora uscivi, ma non quando tornavi a casa.»

Era tra gli invitati del matrimonio di Maradona e Claudia Villafane in Argentina…

«Organizzarono un aereo per gli amici da Napoli. Con Maradona sono stato pure a Las Vegas, facemmo scalo a New York. Durante il controllo passaporti si accorsero che quello di Diego era scaduto. Non volevano farci passare. Intervenne il suo primo manager Jorge Cyterszpiler: chiamò addirittura un membro dello staff di Ronald Reagan, in quel periodo presidente degli Stati Uniti. Certe cose potevano succedere soltanto insieme a Maradona…»

Dopo lo scudetto ha giocato tra Catania, Spezia e Ischia prima del ritiro:

«La vita mi ha presentato il conto. Ho trascorso anni oltre il limite: l’eccessiva popolarità da calciatore, i guadagni facili, i vizi. Non ero preparato ad affrontare una situazione simile. Me ne sono reso conto presto. Ho continuato a lavorare come osservatore per alcune scuole calcio della provincia di Napoli. C’era però qualcosa che non andava. Le dipendenze mi hanno trascinato in un baratro profondo. Fino a qualche anno fa vivevo su una panchina, continuavo a bere. Ero diventato un clochard. Mi sono trascurato, non davo importanza più a nulla».

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