Incocciati: «Ho fatto riconciliare io Maradona e il figlio, gli volevo bene»

Alla Gazzetta: «Con Liedholm prima di ogni allenamento facevamo 40-50 minuti di tecnica individuale. Oggi non lo fa nessuno»

Mi Roma 23/10/2010 - campionato di calcio Lega Pro / Atletico Roma-Foggia / foto Marco Iorio/Image Sport nella foto: Giuseppe Incocciati

Una volta Marco Van Basten ha chiesto la maglia a Beppe Incocciati. “Poi con Marco siamo diventati amici, condividiamo la passione del golf e spesso ci troviamo sui campi”. Ricorda alla Gazzetta che lui piaceva “ai presidenti e alla gente, segnavo ma ero anche uno di quelli che ti fa il tunnel, il pallonetto… Oggi di belle giocate individuali quante ne vedi?”.

Il passaggio alla domanda su Maradona, per l’ex bomber di Milan e Napoli è obbligatorio: “Diego l’avevo conosciuto già a Milano, feci la prima rete in A contro il suo Napoli, vincemmo 2-1. Poi andai a festeggiare, e mentre facevo serata in un locale entrò lui. Ci ritrovammo a cenare insieme, ridere, prendere confidenza. Siamo dello stesso segno, due scorpioni, sintonia perfetta. A Napoli eravamo amici con le famiglie, stavamo sempre insieme. Tranne la notte, lui usciva e io no. Gli ho voluto un sacco di bene. Parlo da nonno e non da ex calciatore: Maradona ci lascia due grosse lezioni. La prima: Diego è nato in una baraccopoli ed è diventato il numero uno al mondo, quindi non pensate mai che la vita non vi offra delle possibilità. La seconda: la parabola di Maradona si è arrestata per colpa della droga, quindi statene lontani, rovinarsi è un attimo”.

Grazie a Incocciati Diego si riconciliò con suo figlio: “Sì, me lo chiese Diego Junior. Suo padre venne a trovarmi a Fiuggi, lo portai sul campo da golf e glielo feci incontrare. Li lasciai soli, li guardavo da lontano, seduti a parlare per oltre un’ora, e sorridevo. Maradona fu un galantuomo, avrebbe avuto tutto il diritto di fregarsene. Invece ha riconosciuto suo figlio che oggi è un uomo felice”.

Il suo gol più bello “a Budapest, in Coppa dei Campioni. Lancio di Diego da centrocampo, tacco al volo mio per Careca, palla di ritorno, controllo e sinistro in rete. Ci capivamo all’istante, è bello pensare che parlavo la stessa lingua di Maradona e Careca”.

Oggi “sono cambiati i tempi. Con Liedholm prima di ogni allenamento facevamo 40-50 minuti di tecnica individuale. Oggi non lo fa nessuno, poi vedi attaccanti che arrivano sulla trequarti, non si prendono responsabilità e la palla torna indietro. Ai miei tempi anche i difensori, gente come Baresi, Maldera, Collovati, davano del tu alla palla, saltavano l’uomo. Gli ultimi prodotti di quella scuola hanno vinto il Mondiale 2006, poi cosa abbiamo creato? Grandi fisici, poca tecnica e una Nazionale che salta due Mondiali e rischia il terzo. Vedo tanti studiosi di calcio ma poca gente che lo insegna…”.

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