Gli haters di Lamine Yamal hanno toccato il picco durante il pallone d’oro (El Pais)

Per Elma Saiz, ministra spagnola dell’Inclusione il calcio può fare molto, a cominciare dall'uso del linguaggio

Yamal barcellona real madrid

Barcellona 30/04/2025 - Champions League / Barcellona-Inter / foto Imago/Image Sport nella foto: esultanza gol Lamine Yamal ONLY ITALY

C’è un filo che unisce la fine della Vuelta a España, i commenti velenosi contro Lamine Yamal dopo il Pallone d’Oro e le reazioni furiose alla flottiglia umanitaria diretta verso Gaza: l’odio. Un linguaggio tossico, che corre veloce tra social e spalti, e che trova nello sport — e nel calcio in particolare — un megafono tanto potente quanto pericoloso. È su questo terreno che è intervenuta  Elma Saiz, ministra spagnola dell’Inclusione, della Sicurezza Sociale e delle Migrazioni, ospite del World Football Summit di Madrid. Il suo messaggio è chiaro: il calcio può e deve essere uno strumento di educazione civile, non un detonatore di rancore. Ne scrive El Pais

Il record di messaggi di odio contro Lamine Yamal


«Il calcio può trasformare positivamente la nostra società», ha affermato Saiz. «Fenomeni nocivi come il razzismo e la xenofobia, che dividono e alimentano la disuguaglianza, devono essere contrastati sfruttando la grande cassa di risonanza del calcio». Non è un’utopia. Da quando il suo ministero ha siglato un accordo con LaLiga per monitorare i discorsi d’odio online, sono stati individuati oltre 680.000 commenti violenti o discriminatori. Solo a settembre, 68.000: picchi legati proprio a momenti di grande visibilità pubblica — il successo della Vuelta, le polemiche sul Pallone d’Oro e i messaggi anti-palestinesi dopo la missione della Global Sumud Flotilla diretta verso Gaza, poi bloccata dall’esercito israeliano. Tre episodi molto diversi, un medesimo sintomo. «È un linguaggio che si insinua ovunque — spiega Saiz — e che troppo a lungo abbiamo tollerato. Abbiamo lasciato spazio a una certa impunità. Ma lo sport non è un luogo dove tutto è permesso. Se nella vita reale non accetteremmo un insulto razzista dal parrucchiere, non possiamo accettarlo nemmeno in uno stadio.»

Condannati gli autori degli insulti a Vinicius jr

Lo scorso giugno tre tifosi del Valencia sono stati condannati a otto mesi di carcere per gli insulti razzisti a Vinicius Jr. Un precedente che segna una svolta: la fine della «normalità» dell’odio calcistico. Ma per Saiz non bastano le sanzioni. Serve una pedagogia sociale, un’alleanza fra media, piattaforme e istituzioni. E serve, soprattutto, il coraggio dei protagonisti. «Molti calciatori sono fari per i giovani. Quando Mbappé racconta le discriminazioni subite, mostra che si può essere campioni anche nella coscienza sociale.» Il discorso si allarga anche all’omofobia: nel calcio maschile regna ancora il silenzio, mentre in quello femminile molte atlete hanno scelto la visibilità come gesto politico. «È pericoloso lasciare spazio a messaggi che negano la differenza e perseguitano la diversità. Lo sport deve essere inclusivo, o non è sport.»

 

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