Frappart sbaglia al Var e la insultano sui social, nessuna protesta per l’arbitro (uomo) che era responsabile

So Foot racconta di Rennes-Lione e di un fallo che è stato sottovalutato dal Var. Ma l'arbitro poteva anche andare a controllare a prescindere, e non l'ha fatto.

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Al Khor (Qatar) 01/12/2022 - Mondiali di calcio Qatar 2022 / Costa Rica-Germania / foto Imago/Image Sport nella foto: Stephanie Frappart ONLY ITALY

Durante Rennes-Lione (match terminato 3-1 per i padroni di casa) c’è stata una valutazione errata da parte dell’arbitra Stephanie Frappart, che era responsabile del Var. Ciò ha causato le proteste da parte dei tifosi del Lione, con annessi insulti sessisti.

Caos arbitrale durante il match tra Rennes-Lione: coinvolta Frappart, che era al Var

So Foot scrive:

Lunedì sera, la direzione arbitrale ha riconosciuto che c’è stato un fallo grave per cui il Var sarebbe dovuto intervenire contro il Rennes. L’arbitro del match era Ruddy Buquet, al Var c’era Stéphanie Frappart che ha sottovalutato il fallo. Questa analisi è diventata argomento di discussione dei tifosi del Lione sui social, che credono anche di essere stati truffati dopo l’espulsione, anch’essa contestata, di Tyler Morton al 76° minuto. La Frappart si è sbagliata e l’autorità arbitrale lo ha riconosciuto, rendendo pubblici i video del suo audio e abbandonandola agli insulti dei tifosi. Il suo status di unica donna arbitro in Ligue 1, presentato come esemplare, la espone ai riflettori e alle conseguenze talvolta orribili. E’ sicuramente più facilmente sacrificabile dei suoi colleghi maschi: quelli che erano accanto a lei ai monitor e non dicevano nulla, e quello che era sul terreno di gioco che avrebbe potuto decidere di andare a controllare a prescindere.

Il direttore tecnico del Lione, Matthieu Louis-Jean, aveva commentato: «Cosa stava facendo il Var? ». La mancanza di responsabilità dell’arbitro porta a trovare altri capri espiatori. Questo scenario mette poi in discussione il mito della “trasparenza”. L’arbitraggio è sempre più costretto a mostrare tutto, a volte anche gli spogliatoi, giustificare tutto, a tutti. Se questo processo forse alimenterà i dibattiti, apre anche la finestra all’effusione di odio o molestie online. Il famoso “non è perché è una donna che non abbiamo il diritto di criticarla” diventa rapidamente il fulcro di sessismo o dalla sensazione di essere vittima di una cospirazione contro il proprio club del cuore. 

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