Dembelé: «Luis Enrique ci dice che il calcio non è una guerra, ma un gioco, bisogna anche divertirsi»

A France Football: «Messi è il mio idolo, sono cresciuto guardando il Barça. Lì ho imparato tanto, non mi allenavo a sufficienza e ho pagato con numerosi infortuni».

dembelé Psg

Brest 11/02/2024 - Champions League / Brest-Paris Saint Germain/ foto Psnewz/Image Sport nella foto: Ousmane Dembele’ ONLY ITALY

Ousmane Dembelé ha rilasciato un’intervista a France Football alla vigilia dell’inizio del Mondiale per club, in cui il Psg appare tra le squadre favorite alla vittoria. Inoltre, l’esterno francese è uno dei candidati a vincere quest’anno il Pallone d’oro.

Dembelé: «Luis Enrique ci dice che il calcio non è una guerra, ma un gioco, bisogna anche divertirsi»

Se dovessi conservare una sola immagine della finale di Champions contro l’Inter, quella che ricorderai tra trent’anni, quale sarebbe?

Dembelé: «Ah, solo una è difficile! Ce ne sono due che mi hanno segnato. Marquinhos e Kimpembe in lacrime, che sono finalmente riusciti portare la coppa dalle grandi orecchie. Poi, i festeggiamenti con i tifosi al fischio finale. Data la stagione che stiamo vivendo, ce lo meritiamo. Il club, il presidente, che ha lavorato molto per anni, e anche i tifosi lo meritano.»

Sei stato tra quelli che hanno festeggiato “meno”…

«Sì, ma ero felice. Non ci rendiamo subito conto di essere campioni d’Europa, anche dopo uno o due giorni. È come la Coppa del Mondo 2018, ci è voluto un po’ per capire che eravamo campioni del mondo. Ma, poco a poco, ti rendi conto di aver fatto qualcosa di grande.»

E le parole che ti hanno toccato di più?

«Gigio Donnarumma che ha consegnato una lettera a tutti i giocatori per sostenerci».

Più bello vincere la Coppa del Mondo senza giocare molto, o la Champions League da pilastro della squadra?

«È una domanda difficile, perché è stato eccezionale vincere la Coppa del Mondo vent’anni dopo la prima. La felicità che abbiamo vissuto nel 2018, con tutta la Francia, non ha prezzo. Francamente, è stato bellissimo. La prima Champions League nella storia del club è stata favolosa, viene da anni di gloria ma anche di delusioni. Quando siamo tornati a Parigi abbiamo capito che avevamo fatto qualcosa di grande. Quindi, non scelgo!»

Quali sono gli atleti che ti ispirano?

«Non conoscevo Michael Jordan, ma ho visto The Last Dance ed è stato incredibile. Sapendo che prima non esistevano i social network, è comunque riuscito a attraversare le generazioni. Quello che ha fatto è stato fantastico. E poi, sono cresciuto guardando il Barcellona, quindi ovviamente Leo Messi. Per me, lui è il più grande. È un giocatore che mi ispira, è unico! Sono molto felice e molto orgoglioso di aver giocato con lui.»

Ora che il più bel trofeo collettivo è stato vinto, puoi dirci: stai puntando al Pallone d’Oro…

Dembelé: «Queste sono cose difficili da dire. Ma vincere un Pallone d’Oro quando sei un giocatore di calcio, è ovviamente come il Santo Graal. È un sogno da quando sei piccolo.»

Sei passato dal non essere mai stato nominato per il Pallone d’Oro ad essere uno dei favoriti. Avresti mai pensato che fosse possibile?

«Spero di essere almeno nei primi trenta! Ho avuto anni difficili con infortuni, anche prestazioni scadenti… In questa stagione penso di aver fatto bene, quindi vedremo cosa succederà. Sarebbe eccezionale vedere il mio nome nella lista. Ed essere uno dei favoriti è già una grande vittoria anche se spero di vincerla un giorno».

Hai più fame di gol rispetto a prima?

«Sì, e l’ho mostrato. Ho detto all’inizio della stagione che volevo essere decisivo, che volevo segnare molti più gol e questo è successo anche grazie ai miei compagni di squadra che mi hanno servito molto bene. Hanno fatto un lavoro meraviglioso. E mi sento anche più sicuro».

Senti che ti comporti in maniera più professionale rispetto a prima?

Dembelé: «Un po’ di più. Ero già un professionista, ma ora lo sono ancora di più. Ora, anche nei giorni di riposo, mi piace andare al centro di allenamento, recuperare, lavorare con i fisioterapisti. Prima, andavo a casa, giocavo ai videogiochi, guardavo un po’ di tv. Ero più giovane, è normale. Ma, dopo un po’, si paga, e l’ho visto soprattutto a Barcellona. Sono arrivato lì giovane, ho giocato, ho sperimentato tanti problemi fisici. Ho imparato un sacco di cose lì, mi è servito. Ora conosco il mio corpo molto meglio e, di conseguenza, mi infortuno meno.»

Désiré Doué ha dichiarato su di te: “Mi ha aiutato molto nella mia integrazione al Psg e lo sta facendo nella nazionale francese ora. E’ come un fratello maggiore per me.” Sappiamo che il mondo del calcio a volte può essere duro, competitivo. Come si mantiene questa mentalità?

«Per me, è super importante. Quando ho iniziato al Rennes, i giocatori più anziani mi hanno aiutato. Il calcio è uno sforzo di squadra. Se pensi solo a te stesso, non puoi vincere. Per me, è normale aiutare i più giovani. Inoltre, Désiré è un ragazzino di Rennes. Ma io aiuto tutti».

Dicono che la vera stella del Psg in questa stagione sia Luis Enrique. Sei d’accordo?

«Sì, è lui il capo, è lui che decide, se sei bravo giochi, se non sei bravo non giochi. Ha riportato questa mentalità al Paris-Saint-Germain. Ha perfettamente ragione, è per questo che ha creato questo collettivo, che siamo molto più forti e che tutti pensiamo al gruppo prima di pensare a noi stessi. Questa è la strada da percorrere se vogliamo vincere i più grandi trofei. C’è anche l’aspetto tattico: è un grande allenatore che ha vinto a Barcellona, che ha le sue idee. È un allenatore con molta esperienza. Dice che il calcio non è la guerra, è ancora un gioco, che devi controllare le tue emozioni. Ci chiede di non essere al 200%, ma al 100%. È necessario essere motivati, ma non in eccesso. Prima della finale, ci ha anche detto di divertirci perché questi sono momenti che potremmo non rivivere mai più in carriera.»

Durante la stagione, c’è stata la tua esclusione contro l’Arsenal ad ottobre…

Dembelé: «Non abbiamo litigato, ha fatto una scelta e basta».

Arrivate al Mondiale per club da campioni europei in carica…

«Il presidente ci ha detto che dobbiamo continuare a lavorare, a vincere titoli. Questa è la mentalità di questo club, la mentalità anche dell’allenatore. Abbiamo ancora quattro o cinque anni davanti a noi per andarci a prendere il maggior numero possibile di trofei».

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