McEnroe: «Alcaraz è più elettrico ma Sinner ha un’aura tutta sua che lo rende affascinante»

Al Paìs: «Sinner è più costante, il suono della palla che colpisce è meraviglioso. Se Carlos non avrà cali, vedremo una partita equilibrata»

McEnroe su Alcaraz

1981 archivio Image / Sport / Tennis / John McEnroe / foto Imago/Image

Oggi alle 15 allo Chatrier di Parigi scendono in campo Sinner e Alcaraz, per ripetere la finale di Roma di maggio 2025 (e non solo quella ndr). Sinner ci arriva da numero uno al mondo e senza aver perso un set sulla terra rossa, con un gioco sempre sicuro e in evoluzione. Lo spagnolo con i suoi soliti pregi e difetti, un talento mostruoso e una carica incredibile che a volte portano ad una certa incostanza e fragilità temperamentale e tecnica durante le partite. In 11 incontri, Sinner lo ha battuto 4 volte e ha perso le altre 7. John McEnroe, ora commentatore delle gare del Roland Garros per Eurosport, è stato intervistato dal Pais.

McEnroe: «Alcaraz è più elettrico di Sinner, che invece è più costante»

Di seguito un estratto:

Fin dove crede possa arrivare Alcaraz? Ha un limite?

«Guardi, non avrei mai pensato, nemmeno nei miei sogni migliori, che uno di quei tre [Djokovic, Nadal, Federer] potesse arrivare a 20 Slam, e Novak è a 24… quindi adesso ci si chiede: può Carlos arrivare a 25? In un certo senso, oggi è più difficile, perché il gioco è più veloce e i ragazzi sono più fisici, quindi le sorprese sono più probabili. Quello che sta facendo è fenomenale, ovviamente, ma non vorrei legarlo ai numeri. Mi stupirei se qualcuno si avvicinasse a quei record. Però, se c’è qualcuno che può farlo, sono Carlos e Jannik.»

Alcaraz appare molto concentrato, solido durante tutta la stagione sulla terra. Dice di essere maturato. Lei pensa abbia fatto un salto mentale?

«Sì, penso di sì, anche se era già fortissimo prima. Non vuole cambiare la sua personalità, e il suo stile è incredibile. Probabilmente è il preferito di molti. Si dice che a volte si complichi la vita [con il suo gioco], ma credo che lo faccia sempre meno. E questo è un ottimo segno. È più focalizzato, ma ha solo 22 anni. Ha già vinto quattro Slam ed è estremamente positivo per il nostro sport. Crescendo, capirà sempre meglio cosa gli riesce meglio. Ha un grande team e lui è un bravo ragazzo, e questo aiuta sempre.»

Si può fare la storia seguendo una via personale, non rigida, non legata esclusivamente al tennis? È possibile arrivare così lontano con un approccio diverso da quello dei ‘tre grandi’?

«Questa è la grande domanda: se ci sarà qualcuno migliore di quei tre. Ricordo che già quattro o cinque anni fa si diceva che Carlos fosse una combinazione dei tre, il che è un complimento incredibile. E lui disse: ‘no, io sono Carlos Alcaraz’. E io pensai: ‘che Dio benedica questo ragazzo’. Vuole fare il suo percorso. E per farlo, devi conoscere molto bene te stesso, capire quando hai bisogno di staccare, di allontanarti da tutto per un po’. Tutti ne hanno bisogno, nessuno vuole diventare un robot.»

Sulla sfida di oggi

«Sinner è più costante, Alcaraz più elettrico. Questo è il bello: sono due giocatori completamente diversi, eppure entrambi straordinari. Mi aspetto una finale equilibrata, ma se Carlos dovesse avere quei cali che a volte gli capitano, allora credo che Jannik possa avere la meglio. Nonostante la sospensione, per me l’italiano è rimasto lo stesso: non vedo cali nel suo rendimento. Forse la vera incognita sarà capire come risponderà se il match dovesse allungarsi al quarto o quinto set. Ma Jannik ha qualcosa di speciale, un’aura tutta sua. Non ha l’energia travolgente di Carlos, ma è proprio questo che lo rende affascinante. Il suo stile è pulito, potente, e il suono della sua palla è qualcosa che colpisce davvero. Il contrasto tra loro — dentro e fuori dal campo — è ciò che arricchisce il tennis. Sono diversi, sì, ma alla fine hanno lo stesso obiettivo: mettere lo spettacolo al primo posto.»

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