De Laurentiis e gli allenatori: innamoramenti, separazioni e botte come con Reja (Gazzetta)

Con Spalletti non si sono capiti, non avevano la stessa visione del futuro. E ciò che verrà, adesso, è un’enorme incognita.

Tre anni fa Mourinho lo prendemmo noi De Laurentiis Ancelotti

De Laurentiis e gli allenatori: innamoramenti e separazioni tumultuose. Lo scrive la Gazzetta dello Sport con Salvatore Malfitano.

Tutti gli uomini del presidente», se dal Watergate ci si sposta a Castel Volturno, racconta di confronti accesi, idilli carichi di affetto ma anche fratture insanabili e separazioni tumultuose. In generale, però, Aurelio De Laurentiis è un uomo di principi. S’è sempre circondato di figure professionali ricche di valori umani, con cui è stato facile nella maggior parte dei casi mantenere un rapporto di profonda stima e amicizia sincera.  

Dalla frattura con Ventura a quella volta in cui venne alle mani con Reja negli spogliatoi: furono i calciatori a dividerli. Poi di nuovo idillio con Mazzarri e una separazione cui Adl reagì con orgoglio andando a prendere Benitez che fu l’uomo che cambiò la storia del Napoli. E ancora Sarri, Giuntoli, Ancelotti (altro idillio poi naufragato), Gattuso. Fino al signor Luciano.

Spalletti l’ha rapito ma non si sono capiti. Non avevano la stessa visione del futuro e nel momento più delicato ogni mossa è stata sbagliata: il rinnovo esercitato via pec prima di un incontro per pianificare il domani ha esacerbato una relazione resa paradossalmente labile dal successo. Garcia è stata la prova che l’applicazione pedissequa di un numeretto con cui si dispongono i giocatori in campo non è come la proprietà commutativa. E ciò che verrà, adesso, è un’enorme incognita.

GARCIA L’ERRORE PIÙ GRAVE MA NON IL SOLO (CORSPORT)

Garcia è stato l’Errore ma non l’unico di De Laurentiis in questi cinque mesi. Lo scrive il Corriere dello Sport con Antonio Giordano. Quindi Garcia in cima alla lista delle cose sbagliate, ma la lista comprende anche altro.

Senza essere su scherzi a parte, il Napoli scopre d’essere finito in un vicolo talmente cieco nel quale non s’avverte neanche il profumo dello scudetto, celebrato (ma neanche poi tanto) in un’estate piena d’altro, di rivoluzioni sottili e silenziose, d’incertezze progettuali annusate tra le strategie di un mercato ondivago e di equivoci di fondo che sono riemersi, inevitabilmente, troppo in fretta.

Il Napoli è sparito brutalmente, soffocato dal contromiracolo di se stesso, dalla capacità di azzerare quasi del tutto – quel senso d’allegria creato in diciannove anni densi di Progetto: e proprio mentre avrebbe dovuto celebrarsi, esaltando la capacità creativa d’una società che nel 2004 era scomparsa, demolita dinnanzi alla Fallimentare, i protagonisti di un’impresa che rimane hanno scoperto la fragilità in cui trascina il successo. Rudi Garcia è stato l’”Errore”, lo dice il campo l’ha ammesso a se stesso e pure in pubblico De Laurentiis – non l’unico di questi cinque mesi carichi di contraddizioni, infarciti di decisioni, ma nonostante nell’album delle sviste ci siano vari fotogrammi, dagli highlights del passato (il più recente, il più remoto) non svaniscono gli effetti magici d’un tempo vissuto.

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