Pizzul: «Nel calcio moderno comanda il dio denaro. Certi calciatori sono diventati agenzie d’affari»

A La Verità: «Il Mondiale ogni due anni? E' utile solo per i diritti tv. Tifo Torino perché da piccoli gli juventini ci rubavano la palla»

Bruno Pizzul

Su La Verità una lunga intervista a Bruno Pizzul. Parla dei commentatori sportivi di oggi.

«Risentono dei grandi cambiamenti intervenuti nel linguaggio per immagini. Un tempo le riprese venivano fatte con due telecamere dall’alto. Si seguiva lo sviluppo della coralità della manovra. Oggi i registi hanno a disposizione un numero molto maggiore di telecamere. Ed essendo di formazione cinematografica, hanno la tendenza a confezionare una good television. Le immagini sono molto frammentate e, necessariamente, la cronaca deve rispettare questo ritmo incalzante. Qualche volta si ha la sensazione che il commento, con questa ridondanza di immagini e parole, diventi più importante di ciò che racconta. La cornice è preminente rispetto al quadro. E l’alluvione di parole può sembrare eccessiva».

I commentatori di oggi sanno tutto.

«Li ammiro tutti. Sono preparatissimi, quasi in maniera imbarazzante. Io sono sempre stato afflitto da tratti di pigrizia notevoli e da una certa presunzione, per cui non è che mi preparassi tanto. Questi qua sanno tutto. C’è il rischio che si finisca a parlare, anziché di Rivera, della zia di Rivera».

Sul Mondiale ogni due anni.

«Le cadenze quadriennali, inframezzate poi dai campionati continentali, sono un format già convincente. Si cerca in tutti i modi di reperire fonti di sovvenzionamento attraverso i diritti tv, ma non credo che sentiamo il bisogno di un ulteriore affollamento d’impegni internazionali».

Pizzul dichiara di trovare condivisibile l’idea della Fifa di cambiare il fuorigioco.

«Si dice che il Var abbia portato certezze assolute, ma alcune decisioni sono aberranti. Gol annullati per un’unghia di un piede al di là del difensore…».

Cosa si può fare?

«Introdurre il cosiddetto “spazio fra i giocatori”. Un calciatore verrebbe considerato in fuorigioco solo quando c’è una luce tra l’attaccante e l’ultimo difensore. Certo, anche lì, poi, basterebbe un tacchetto al di là del nuovo limite individuato…».

Meglio il calcio di ieri o quello di oggi?

«Nel calcio moderno, anche per la crescente incidenza del dio denaro, si è venuta perdendo molta della patina di romanticismo che accompagnava quello di un tempo, con i giocatori bandiera e l’attaccamento alla maglia. Certi calciatori sono diventati agenzie d’affari».

È l’anno del Napoli?

«Sta facendo benissimo, anche se vive molto sulle individualità, peraltro di altissimo livello. Luciano Spalletti è un comunicatore del tutto particolare e il momento è di grande fulgore. Con l’Inter, il Napoli è, allo stato attuale, la squadra che gode di maggior credito».

Pizzul tifa per il Torino. Spiega perché:

«Sì. Da queste parti, era facile ammirare il Grande Toro. Ma io e i miei coetanei diventammo tifosi del Torino per un altro motivo. Nell’immediato dopoguerra, qui la situazione era durissima: non si sapeva se saremmo rimasti con l’Italia o se saremmo finiti con la Jugoslavia. Non avevamo nulla. Miracolosamente, però, il prete del paese riuscì a trovare un pallone, che usava per chiamarci a raccolta in parrocchia. Solo che ne lasciava la gestione a noi ragazzi. Quelli più grandi di noi se ne impadronivano, non ce lo facevano mai toccare. Erano tutti tifosi della Juventus. Per reazione, ci mettemmo a tifare Torino…».

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