Sebastian Coe e quel record a Firenze: «Una notte comica e folle, col finto primato di Carl Lewis»
Al Corriere Fiorentino: «L'indomani tornai all'università a Londra e mi chiesero come mai non fossi a mensa la sera prima. La rivalità con Ovett mi spingeva a migliorarmi»

La vittoria alle Olimpiadi (foto Archivio Fidal)
Stasera Sebastian Coe – oggi presidente della federazione mondiale di atletica leggera – stasera a Firenze al Golden Gala e il sindaco Nardella gli consegnerà le chiavi della città. Il 10 giugno 1981 fu protagonista di una memorabile serata di atletica. A Firenze stabilì il record mondiale degli 800 metri migliorandosi di 62 centesimi: 1 minuto 41 secondi 73 centesimi, ancora oggi terza prestazione di sempre. Nella stessa serata, Carl Lewis fu protagonista di un episodio bizzarro: fu prima accreditato del record mondiale sui 100 metri: 9 e 92 che poi si rivelò 1o e 13.
Il Corriere Fiorentino, a firma Marco Bonarrigo, intervista Sebastian Coe che ricorda:
«La notte del record fu una notte comica e folle. Mentre mi riscaldavo lo stadio impazziva per Carl Lewis e il suo primato del mondo sui 100 metri. Io facevo stretching, Carl inanellava giri d’onore. Ricordo l’imbarazzo quando si scoprì che il suo 9”92 era un banale 10”13. Il display fu spento, il pubblico ammutolì, io mi piegai sulla linea di partenza».
«Arrivai al Franchi convinto di poter fare un buon tempo ma le condizioni non erano ideali: partimmo alle 23 con la pista invasa dai tifosi e il display disattivato. C’era così tanto chiasso che non riuscii a sentire il passaggio ai 400 metri urlato dal mio manager Maeve Kyle: pensando di essere in ritardo, superai di slancio Bill Konchellah che doveva far da lepre fino ai 500».
«Finimmo dopo mezzanotte, tornai in albergo distrutto. Ero abituato ad andare a letto prestissimo. La mattina dopo alle sette volai a Londra, presi una coincidenza e alle 13 ero già alla Loughborough University dove, come tutti gli studenti, facevo i turni di servizio in biblioteca. Entrando incontrai una coppia di conoscenti che mi chiesero perché non avevo cenato in mensa la sera prima. Risposi che avevo avuto un impegno a Firenze».
Parla dei suoi segreti. Dice, ridendo (ma è vero), che era un gran talento e aggiunge:
«avevo anche la fortuna di avere un padre allenatore straordinario, un matematico prestato allo sport che scelse per me i migliori tecnici, medici e fisioterapisti. E perché la rivalità con Steve Ovett mi spingeva a migliorarmi continuamente».