Il Guardian: il tennis non è il calcio, la pandemia lo sta uccidendo. I giocatori sono sempre più soli e tristi

Lo sfogo di Paire non è solo il "solito sfogo di Paire": i tennisti si spostano da una bolla all'altra, sempre soli, mangiano soli in camere d'hotel che non possono lasciare. E giocano da soli in campi vuoti

Lo sfogo di Paire non è solo il "solito sfogo di Paire": i tennisti si spostano da una bolla all'altra, sempre soli, mangiano soli in camere d'hotel che non possono lasciare. E giocano da soli in campi vuoti

Benoît Paire, per chi frequenta il tennis, è… Benoît Paire. Cioè un giocatore talentuoso ancorché svalvolato. Lo è sempre stato. Ma da quando la pandemia ha rivoluzionato la vita di tutti, e anche degli sportivi, lo è molto di più. Agli ottavi di finale degli Open di Buenos Aires ha scatenato l’inferno: il numero 31 del mondo era in vantaggio di un set contro il giovane qualificato argentino Francisco Cerundolo quando ha contestato una chiamata del giudice di linea, è partito e non si è fermato più, ha sputato sulla riga, ha urlato qualsiasi cosa contro tutto e tutti e ha poi perso il match apposta. Non è la prima volta, che lo fa. Paire ha 31 anni, e non è nuovo a queste cose. Ma poi ha pubblicato una lunga dichiarazione su Instagram spiegando le sue frustrazioni:

Il circuito ATP è diventato triste, noioso e ridicolo. So che direte ‘non ti rendi conto di quanto sei fortunato, blah-blah-blah’, ma giocare in stadi chiusi senza atmosfera non è il motivo per cui gioco. Dover alloggiare in un hotel e non poter uscire senza rischiare la multa, dov’è il piacere di viaggiare? Per me, il tennis è diventata una professione insapore

Il Guardian però allarga il discorso, e ne fa un’analisi non banale. Perché Paire non è l’unico caso, anzi: i tennisti sono sempre più soli, tristi, depressi. Perché il tennis è notoriamente il più solitario di tutti gli sport. E i giocatori di tennis sono costretti ormai a vivere un’iperrealtà lavorativa straniante: viaggiano, con tutte le difficoltà del caso, ma solo per spostarsi da una bolla ad un’altra. Camera d’hotel, pasti in camera, allenamento in un campo vuoto, partita in uno stadio vuoto. Sempre così.

I commenti di Paire, scrive il Guardian, è vero che “riflettono il peggio del tennis negli ultimi 12 mesi: l’incapacità di alcuni giocatori di capire che il mondo soffre”. Ma il tennis è ormai uno sport depresso.

Il mese scorso l’ex top 10 Gilles Simon si è preso una pausa dal Tour spiegando così i suoi motivi:

“Il mio cuore non è più in pace a viaggiare e giocare in queste condizioni, purtroppo devo fare una pausa per preservarmi mentalmente “.

E così Jo-Wilfried Tsonga tornato a giocare dopo un anno a causa di un infortunio dice: “Non siamo motivati, non c’è divertimento”.

E così al Dubai Open Denis Shapovalov ha spiegato di essersi sentito svuotato dopo l’esperienza di quarantena dell’Australian Open e di aver deliberatamente scelto di alleggerire il suo programma e competere in nuovi tornei per mantenere il senso di novità: “Abbiamo altri obblighi da parte degli sponsor, contratti che ci obbligano a giocare. Di sicuro questo è il motivo per cui molti giocatori stanno ancora giocando, perché altrimenti molti giocatori non giocherebbero affatto”.

Gli effetti dell’angoscia diffusa saranno evidenti nelle prossime due settimane al Miami Open: 21 giocatori si sono già ritirati dal tabellone principale, inclusi quattro dei primi sei al mondo. Per la prima volta dal 2004, si svolgerà un Masters 1000 senza Novak Djokovic, Roger Federer o Rafael Nadal.

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