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Chiellini: “Un altro anno gioco, poi vediamo come reggono le gambe”

“In campo sei un po’ solo, specialmente nelle sconfitte. Conte? Il difensore, fino a che non è arrivato lui, era solo un difensore. È più brutto giocare senza tifosi che non fare le vacanze”

Chiellini: “Un altro anno gioco, poi vediamo come reggono le gambe”

Il capitano della Juventus, Giorgio Chiellini, ha parlato a lungo, in diretta Instagram con Martina Colmbari.

Sull’infortunio:

“Penso che mi fosse capitato dieci anni fa non avrei avuto la serenità per accettarlo. A 35, con tutta l’esperienza che ho avuto, capisci che ci può stare, che è un passaggio e trasformi l’energia per tornare. Il primo periodo ho sentito una scarica di energia forte, fai fisioterapia e vai a mille, anche se fa male. Quando togli le stampelle valuti i miglioramenti, che sono impercettibili: ti sforzi tanto per recuperare poco per volta. Poi, impari a conoscere meglio anche dottori e fisioterapisti, che fanno parte della vita dello spogliatoio in questi mesi”.

Su come è cambiato nel tempo:

Sono migliorato crescendo, mi arrabbiavo di più sprecando energie. Sono uno che si lascia scivolare tante cose addosso, sono fortunato perché ho fatto quello che volevo fare e ho una bella famiglia, in salute. Nei momenti brutti, pensare a questo ti aiuta a incanalare la rabbia. Sono molto autocritico, ci sono momenti della vita in cui lo sono parecchio. Mi è servito per migliorare, non solo in campo. Continuo a sbagliare, com’è naturale che sia, ma cerco di non commettere gli stessi errori”.

Sul ruolo di capitano:

“Da una parte è più faticoso che nascere fenomeno, ma all’inizio hai meno pressioni. Ce ne sono tanti che hanno 17 anni e tante aspettative che rovinano una carriera. Io avevo un bell’approccio, anche a 15 anni a Livorno. Sono andato a fare prove con Juve, Inter e Milan, sono stato vicino ad andare in quelle squadre, ma il presidente ha detto di no. È stata la mia fortuna perché ho vissuto un’adolescenza normale, non in collegio dove vedi i genitori una volta al mese. Ho giocato con grandi campioni a cui ho cercato di rubare il più possibile, lo stesso ho fatto anche con gli esempi “cattivi””.

Sulla solitudine dei calciatori.

Viviamo molti momenti di solitudine, anche se cerchi aiuto dai compagni, in campo sei un po’ solo, specialmente nelle sconfitte. Devi avere forza interna per uscire dai momenti bui”.

Sulla famiglia:

“Poi, c’è l’equilibrio familiare. Siamo portati ad essere egocentrici, avendo tutti i riflettori, ma quando arrivi a casa lasci il Chiellini di turno e rimane solo Giorgio. Ti devi calare, perché loro aspettano tutto il giorno che torni. La famiglia è quello che tiene tutto insieme, la mia di ora e quella che mi ha cresciuto. Ti danno il sollievo maggiore quando le cose non vanno bene, perché stacchi. Anche Valerio, il mio migliore amico, è importante anche se non ci sentiamo tutti i giorni. Sono tutti valori che ti danno equilibrio per avere meno alti e bassi”.

Sulla Juventus:

“L’affetto che c’è da una proprietà familiare si sente ed è un valore aggiunto notevole. Quando c’erano l’Inter di Moratti o il Milan di Berlusconi c’era una percezione diversa. Il mondo sta cambiando e l’Italia si sta adeguando, ma per noi nostalgici si sentiva un amore diverso per la squadra. Non che oggi si lavori male. Era un calcio differente. Penso all’Inter di Moratti, che sono stati acerrimi rivali, ma c’era stima. Io ero tifoso del Milan, mi sono innamorato a inizio anni ’90 e lo sono stato fino a quando non sono arrivato in Serie A. Mentre mio fratello era juventino e ci prendevamo in giro, come mio padre con mia madre che era milanista. Quando ho firmato per la Juve nel 2004 non ti dico come l’hanno presa…”.

Sugli allenatori con cui ha avuto a che fare:

Conte? Il difensore, fino a che non è arrivato lui, era solo un difensore. Pensava alle cose semplici, non a creare un’azione offensiva. Lui invece ha insistito fin da subito sul fatto che potessimo creare anche noi. Antonio è stato un top, che mi ha dato tanto e chiesto tanto. Lui e Allegri, sono persone che ho raggiunto in una maturità calcistica per capirli. Tantissimi importanti ce ne sono stati, ma loro due sono stati speciali. Lippi? Aveva la capacità di leggere le situazioni, meno tattica, ma un rapporto schietto e diretto con tutti. È stato importante, anche se io ero molto giovane all’inizio”.
Su Buffon:

“È un fratello maggiore, in 15 anni è la persona che ho visto di più sulla terra. È una persona che riesce sempre nei momenti decisivi a tirare fuori le parole giuste per cambiare le sorti di una stagione. Ci sono aspetti di lui che si vedono poco, è una persona splendida che mi ha insegnato tanto. Siamo diversi, ma come lui riusciva a tirare fuori parole nei momenti decisivi, mi ha ammaliato”.

Sul futuro:

Il prossimo anno cercherò di capire come sto. Un altro anno gioco, poi vediamo come reggono le gambe. Ci sta che possa smettere il prossimo anno o farne uno in più. Mi piacerebbe continuare nel calcio perché è la mia vita, mi piacerebbe più un ruolo dirigenziale che di campo, ma nella vita non si sa mai. Dovrò dare la giusta importanza anche alla famiglia e allo studio, ma quello mi piace”.

Sull’Europeo:

“Guarda, spero di arrivarci in ottime condizioni per vivermi quest’ultima manifestazione alla grande, per fare da balia a tutti i giovani forti che ci sono in squadra. Giocare tre partite a Roma ci dà carica e responsabilità. Un cerchio che si chiude”.

Sulle porte chiuse.

“Sarà un’estate strana, ma per noi il già poter giocare e muoversi è bello. È più brutto giocare senza tifosi che non fare le vacanze. Piuttosto che niente meglio piuttosto, speriamo in un mesetto di riavere anche solo cinque-dieci mila persone allo stadio. Senti tutto così, rimbomba troppo. Per l’arbitro è difficile, perché sente i commenti anche di quelli in panchina. Sente tutte le cose, è il più svantaggiato. Senti ogni richiamo dell’allenatore, del compagno, del portiere. Ogni tanto è meglio sentire i tifosi”.

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