Il Guardian: invece di prendercela con le statue, dovremmo boicottare i Mondiali in Qatar
Il dibattito sul razzismo in Inghilterra va avanti: "il calcio delle belle parole" cosa dice degli stadi costruiti col sangue degli schiavi moderni?

Va bene prendersela con qualche vecchio schiavista dell’800, vilipenderne le statue, gettarle al mare, ma forse sarebbe il caso di dare un altro senso al movimento anti-razzista mondiale che ha preso piede dopo l’omicidio Floyd negli USA. Forse bisognerebbe cominciare a lavorare sui simboli dello schiavismo moderno. Per dirla ancora con meno chiacchiere: offendiamo la statua di Churchill e poi accettiamo senza dir nulla di affollare (se la pandemia lo renderà possibile) gli stadi dei Mondiali in Qatar, macchiati del sangue di migliaia di “schiavi moderni”. E’ il senso di un editoriale che apre la home sportiva del Guardian. Perché lì il dibattito su calcio e razzismo è montato davvero (mica come da noi in Italia).
Barney Ronay scrive esplicitamente che “è bene che il calcio parli di potere, pregiudizio e rappresentazione, in particolare Gianni Infantino, che ha espresso il sostegno della Fifa alle iniziative per porre fine all’abuso e all’oppressione. Il calcio è la cultura popolare dominante, un’arena che, come dice Sterling, dovrebbe offrire i propri piedistalli, le sue finestre illuminate, le sue piattaforme di potere come qualcosa di esemplare e incorrotto”. E quindi: “in un momento in cui ogni ufficio esecutivo del potere calcistico implora di considerare le disuguaglianze della società, parliamo un po’ del Mondiale del 2022 in Qatar?”
“Un torneo che è, tra le altre cose, una vetrina per la gloriosa produttività del Kafala system, pratiche di lavoro definite una forma di schiavitù moderna dalla Confederazione internazionale dei sindacati”. Che si giocherà in stadi costruiti in condizioni definite da Amnesty International “poco più che prigioni per i lavoratori”. Bengalesi, nepalesi, indiani e altri migranti “sacrificati per attuare questa vasta proiezione globale di potere: migliaia di morti lungo la strada. Dovremmo restare seduti in queste arene a guardare il calcio? O demolirle?“.
Il calcio “delle belle parole si prepara a crogiolarsi in queste gloriose strutture costruite dai migranti, monumenti usa e getta per uno spettacolo di potere di quattro settimane”.
Bisognerebbe, scrive Roney, abituarci a pensare ai simboli per quel che davvero significano: le statue degli schiavisti “stanno almeno facendo il loro lavoro, ci stanno facendo pensare al passato e anche al presente”. Ora bisognerebbe trattare i simboli del futuro alla stessa maniera, ma le “splendide nuove ciotole illuminate della Fifa”, rischiano di restare tali. Mentre ancora ce la prendiamo con le statue.