Gabbiadini: «Non è vero che non rido mai. Anzi quando lo sento dire mi faccio una risata»

Al Secolo XIX: «Il mio sinistro? Un dono della natura. Capisco se sarà un bel tiro o no dal suono, dalla sensazione dell’impatto»

Gabbiadini

Il Secolo XIX intervista Manolo Gabbiadini. Il suo sinistro, scrive il quotidiano, “in Premier era stato celebrato come uno dei più letali del torneo”. L’attaccante della Samp lo indica come suo punto di forza.

«Ormai lo conoscono tutti, è il mio punto di forza. Bisogna dire che va anche a compensare alcune mie lacune tecniche, come il colpo di testa e il destro».

Gabbiadini dichiara che è sempre stato una sua caratteristica.

«L’ho sempre avuto. È stato un dono di natura, pur scrivendo con la mano destra, il mio primo calcio a un pallone l’ho dato di sinistro. La storia la racconto sempre, a 6 sei anni vado a fare un provino per la squadra del mio paese, mi porto i guanti da portiere perché voglio fare il portiere. Problema, i portieri sono già 4 e allora mi dicono vai un po’ a tirare… tiravo già forte. E da lì, ciao portiere».

Manolo racconta cosa sente quando la palla gli arriva sul sinistro.

«Capisco subito se sarà un bel tiro o no. Dal suono, dalla sensazione dell’impatto. E poi da quanto è gonfia la palla, da quanto è alta l’erba. Magari sono delle mie cose mentali e non c’entrano niente, però è così. La palla, ad esempio, fosse per me prima di calciare una punizione la controllerei con il manometro. Mi piace una via di mezzo, non troppa gonfia, non troppo sgonfia. L’erba deve essere giusta, con il Sassuolo l’ultima volta a Marassi era un po’ troppo alta, nel primo tempo ho provato a fare due lanci e ho fatto fatica ad alzarla».

Secondo le statistiche, il 70% delle sue conclusioni viene da fuori area. Lui spiega perché.

«Fuori area i marcatori tendono a lasciarti più spazio. Mi piace la conclusione a sorpresa, tirare quando pensano che non posso farlo. La sorpresa mi fa guadagnare un tempo di gioco. Il gol di Bologna ad esempio. D’altra parte se quella percentuale fosse riferita ai miei tiri in area, di reti ne avrei segnate decisamente di più».

Il suo gol più bello? Manolo non ha dubbi:

«Il gol che mi è piaciuto di più l’ho segnato con il Napoli a Frosinone. Poi ci sono altri tipi di gol che mi danno soddisfazione. Quelli nei derby».

Gabbiadini risponde anche a chi lo definisce un flemmatico e uno che non sorride mai.

«Sono cose che si dicono, che fanno parte dei luoghi comuni. Il fatto che non rido mai… non è vero. Anzi quando lo sento dire mi faccio una risata. È vero però che non riesco a ridere a comando, quando qualcuno mi dice “sorridi”, mi chiudo. Potete chiedere ai miei compagni se sono uno flemmatico. Anche in campo. Penso di correre e rincorrere senza risparmiarmi. Magari non dimeno la testa quando corro, ma non ci riesco. La scena non fa per me. E se vado a schermare i centrocampisti avversari e non a fare pressing alto sul difensore, è perché eseguo le direttive dell’allenatore. Certe critiche su di me, sulla mia supposta calma, non sono giuste. Io ho la coscienza a posto e penso di dare sempre il mio contributo».

Anche lui si arrabbia, garantisce,

«Solo che la maggior parte delle volte non lo do a vedere. Altre sì… dopo quel rigore che l’arbitro non mi ha fischiato con il Sassuolo ho perso la pazienza. Almeno si usi il Var per rivedere l’azione. Quando ho sbagliato un gol facile a Milano, eccome se me la sono presa con me stesso, fino dentro gli spogliatoi. Il mister e i compagni mi apprezzano, questo vale tantissimo per me. E se qualcuno vuole leggere e interpretare a modo suo il mio carattere, pazienza. Non ci posso fare niente».

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