Rivera: “Vinsi il Pallone d’Oro 11 giorni dopo Piazza Fontana, avrei voluto cancellare tutto”

Intervistato da La Stampa: "Pelè aveva i due piedi uguali, per potenza e sensibilità. Era bravo anche in porta. Messi o Ronaldo? Messi, ma al gol di Ronaldo ho sobbalzato anch'io"

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Su La Stampa Gigi Garanzini intervista Gianni Rivera, appena laureatosi allenatore professionista a Coverciano. Domani saranno cinquant’anni da quando vinse il Pallone d’Oro, il 23 dicembre 1969. Erano passati solo 11 giorni dalla strage di Piazza Fontana.

«Non sai quante volte mi chiesi in quei giorni, nei dormiveglia, se non fosse possibile cancellare tutto: il Pallone d’oro e piazza Fontana. Milano era diventata la mia città, com’era possibile essere felici e festeggiare in giorni terribili come quelli?».

Rivera racconta che, a quei tempi, il Pallone d’Oro era diverso.

«Più sobrio. France Football lo comunicò alla società, non ricordo chi fu ad avvisarmi. Tempo dopo scoprii che avrei già potuto vincerlo nel ’63, dopo la prima Coppa dei Campioni, ma avevano scelto Yashin per la carriera».

Indica alcuni nomi di fuoriclasse, paragonabili a cosa è stato lui

«Un po’ mi metti in imbarazzo e un po’ dipende dai parametri. Se penso ai portieri, certamente Zoff, Albertosi e oggi Buffon. Se penso ai tempi miei, Mazzola, Bulgarelli, Mariolino Corso. Quanto dev’essere lungo l’elenco?».

Su Pelè:

«Aveva i due piedi uguali, per potenza e sensibilità: e in più il colpo di testa della finale del ’70. E non è finita, perché sarebbe stato anche un grande portiere. Mi ha raccontato Altafini che un giorno organizzò uno dei suoi scherzi. Truccò Pelè con barba e baffi, lo vestì da portiere smandrappato e lo piazzò trai pali. Lo bombardarono dal limite, non ci fu verso di fargli gol, era un fenomeno anche lì».

Tra Messi e Ronaldo dichiara di preferire Leo.

«Ma l’altra sera a quello stacco di Ronaldo un sobbalzo l’ho fatto anch’io».

Della scelta del Milan, al Mondiale 1970, di far giocare lui e Mazzola a tempi alternati, dice:

«Ormai non è rimasto nessuno. Né chi ordì quella trama, nomi e cognomi, né chi la realizzò. La staffetta fu una cosa talmente senza senso che una spiegazione non l’avrà mai».

Racconta di aver capito di essere fuori categoria a 15 anni.

«Mi portarono al campo di Linate per il provino nel Milan, e a promuovermi furono Schiaffino e Liedholm che giocarono con me quella partita».

Indica i suoi veri scopritori in Cornara e Pedroni.

«Il primo fu Cornara, al settore giovanile dell’Alessandria. Uno che avrebbe potuto vantarsene, e non l’ha mai fatto. Era anche maestro di tennis, nel circolo che stava dietro alla curva dei popolari, e ha cresciuto Barazzutti. L’altro è Pedroni, che dopo il provino nel Milan mi fece esordire in serie A a 15 anni contro l’Inter: e d’accordo con Viani mi tenne a maturare in serie A ad Alessandria il campionato successivo».

Come ha deciso Rivera di diventare allenatore?

«Da presidente del Settore Tecnico ho fatto i primi due corsi, per capire com’era dal di dentro. Mi ha intrigato, e ho completato l’opera. Poi ho letto che secondo le ultime ricerche l’aspettativa di vita può arrivare a 120 anni. E ho cominciato a pensare al futuro».

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