La passione dei tifosi del Napoli è vera, così come l’autolesionismo dei media napoletani

Il piatto e gli spalti piangono al San Paolo. L’Europa League non incanta, almeno sino ai sedicesimi col brivido dell’eliminazione diretta. Dai sedicesimi concorrono squadre di maggior nome e il torneo diventa più interessante. Avendo provato la Champions, l’Europa League non dà calore ai tifosi azzurri. Ecco il “deserto” del San Paolo nelle due partite […]

Il piatto e gli spalti piangono al San Paolo. L’Europa League non incanta, almeno sino ai sedicesimi col brivido dell’eliminazione diretta. Dai sedicesimi concorrono squadre di maggior nome e il torneo diventa più interessante.

Avendo provato la Champions, l’Europa League non dà calore ai tifosi azzurri. Ecco il “deserto” del San Paolo nelle due partite con Sparta Praga e Young Boys (27.171 spettatori complessivi, 407.094 euro di incasso). Il tempaccio, la partita in chiaro in televisione, la pochezza dell’avversario e la crisi economica spiegano lo scarsissimo pubblico di giovedì sera. Senza fare drammi sul disamore del tifo napoletano.

Il calcio italiano è più povero e raccatta prestiti e parametri zero per tenersi a galla. Se le società, finiti gli anni delle vacche grasse, hanno tirato la manina, perché non dovrebbero farlo i tifosi che sono la parte economicamente più debole, per di più in una città economicamente debolissima come Napoli?

Io non mi allarmerei per il calo della partecipazione napoletana alle partite del Napoli. La passione dei tifosi azzurri non si discute. Per incoraggiarla a partecipare deve pensarci il Napoli con una politica incisiva di coinvolgimento che parta, senza dubbio, da una calmierizzazione del prezzo dei biglietti più una serie di iniziative per accrescere la simpatia attorno alla squadra.

Ma, ormai, siamo a un calcio parlato, comodamente seduti davanti alla tv, piuttosto che a un calcio vissuto direttamente. Non c’è dubbio, comunque, che i media, così sensibili a “proteggere” i club con maggiore influenza, si divertano a sparare ad alzo zero sul Napoli che è senza difesa non avendo organi di informazione di rilievo sul piano nazionale. In più, ci facciamo male da soli con le nostre polemichette interne, ispirate più da antipatie e pregiudizi che da serene valutazioni. Ed è tutto un clamore e un bla-bla-bla mentre altrove si sgonfiano senza clamore gli entusiasmi delusi. Noi ci consideriamo delusi a vita non considerando i limiti oggettivi che abbiamo.

E qui torna il discorso sul turn-over. Benitez l’ha usato in Europa League perché la squadra non arrivi a fine stagione con la lingua penzoloni. Il calcio è cambiato e il calendario degli impegni è diventato ossessivo. Difficile giocare sempre con gli stessi undici. Almeno in Italia dove i metodi di allenamento e preparazione sono inferiori rispetto all’estero. È il famoso “campionato poco allenante” denunciato da Capello. In casa nostra giochiamo al risparmio con valori ben definiti che non richiedono il furore agonistico dei tornei europei. Scontiamo questa “mentalità” in Europa dove raccogliamo poco e nulla.

Il turn-over lo fanno tutti, e la Roma ha attrezzato due squadre per farlo con risultati ancora incerti, ma se lo fa il Napoli è scandaloso perché “Benitez non capisce il calcio italiano” che, fino a prova contraria, non è un modello di gestione a tutti i livelli.

In Europa League Benitez ha utilizzato venti giocatori impiegando meno alcuni titolari (Maggio, Albiol, Callejon, Insigne, Higuain, Jorginho). Ha perso a Berna con soli quattro innesti (Henrique, De Guzman, Michu e Zapata). La partitaccia degli azzurri ha trasformato il turn-over molto ridotto a responsabile della debacle in Svizzera. L’altro ieri, contro lo stesso avversario e con la pressione dovuta all’obbligo di vincere, Benitez di innesti sulla formazione titolare ne ha fatti sei (Mesto, Britos, Henrique, Gargano, De Guzman. Zapata). Vincendo, il turn-over non ha prestato il fianco ad ulteriori critiche.

Benitez punta a portare su l’intera “rosa” del Napoli che, non avendo una formazione-tipo di fuoriclasse, consente la rotazione dei giocatori. Avendo la pazienza di aspettare che soprattutto i nuovi si inseriscano, mentre di getto si definiscono brocchi elementi che si stanno prendendo la loro rivincita (da David Lopez a De Guzman, a Gargano, a Henrique in attesa di poter valutare meglio Michu), alla fine succederà che Benitez avrà valorizzato l’intera “rosa” centrando anche qualche buon risultato. E il turn-over non avrà più la faccia del diavolo.

Il calcio è materia opinabile, per carità, e ognuno può dire legittimamente la sua. Ma Napoli è sempre troppo pronta al dileggio e allo scetticismo. Sta succedendo nel calcio non meno che in passato. Presidenti, allenatori e giocatori sono stati crocefissi in più epoche. Di Maradona ce n’è uno solo a mettere tutti d’accordo. In mancanza del pibe, cerchiamo di prendere atto dei limiti che abbiamo. Non sembra, poi, che da altre parti stiano spopolando, turn-over o meno.
Mimmo Carratelli

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