Due funerali, un errore (di de Magistris) e tanta confusione

Siamo al secondo funerale di un ragazzo in meno di un mese. E al secondo lutto cittadino. Prima Ciro, vittima di una degenerazione nazionale e di un modo malato di vivere la partecipazione a uno sport. Poi Salvatore, che invece è vittima di Napoli. È un morto di Napoli. Colpito da un calcinaccio caduto dalla […]

Siamo al secondo funerale di un ragazzo in meno di un mese. E al secondo lutto cittadino. Prima Ciro, vittima di una degenerazione nazionale e di un modo malato di vivere la partecipazione a uno sport. Poi Salvatore, che invece è vittima di Napoli. È un morto di Napoli. Colpito da un calcinaccio caduto dalla Galleria Umberto mentre stava passeggiando con gli amici. Aveva 14 anni. Oggi a Marano si celebrano i suoi funerali. E la nuova polemica è dettata dall’assenza del sindaco Luigi de Magistris (motivata così su facebook) che invece partecipò alle esequie di Ciro a Scampia. Ieri, in un’intervista al Tg3 Campania, de Magistris ha dato la sua versione della tragedia. Una versione da accerchiato. Ha negato ogni responsabilità, anche quella morale. E si è definito bersaglio di un killeraggio mediatico. Non è stata una risposta serena, la sua. Non è stata la risposta che un genitore qualunque si sarebbe aspettato. Lo abbiamo già scritto: la corsa ad alzare le mani rinnegando le proprie responsabilità è un’immagine triste che restituisce un senso di abbandono e di sconforto. Il rapporto che de Magistris ha con la sua città – perché ce l’ha – è un rapporto non mediato. Soprattutto, non mediato da giornali e tv. Il sindaco dovrebbe saperlo. Scegliendo di non partecipare in prima persona al dolore della famiglia di Salvatore, è come se rivelasse una sua responsabilità e l’incapacità di sopportarla. E crea così una frattura netta in quel rapporto diretto che lui a suo modo ha costruito. Insomma, commette un errore. Non ha tutti i torti de Magistris quando fa il paragone con la tragedia avvenuta un mese a mezzo fa a Firenze, con zia e nipotina di due anni travolte e uccise da un ramo d’albero alle Cascine. E dichiara che lì nessuno ha accusato il neosindaco Nardella, fedelissimo renziano. Non ha torto de Magistris quando dice, o comunque fa intendere, che su questa tragedia si sta imbastendo una battaglia politica in modo strumentale. È vero, per carità, ma non può stupirsene. O comunque non può lasciar cadere la polemica così. È lì, del resto, la differenza tra una comunità pronta a mettersi in moto per risolvere un’emergenza e un’altra che fa a gara a scappare dalle proprie responsabilità. Per questo la sua assenza al funerale è un errore doppio. Detto questo, a Roma, nel 2008, Alemanno vinse la sua campagna elettorale contro Francesco Rutelli soprattutto grazie all’ondata emotiva che nacque dallo stupro di una studentessa africana a La Storta, zona peraltro non distante da dove è stato ucciso Ciro. A Napoli, però, la battaglia politica sembra confusa. Così come i suoi protagonisti. Fin qui il più esposto è stato Antonio Bassolino. Che, in modo inelegante, dopo la tragedia ha scritto su Twitter e Facebook: “In Aprile in Nepal si è staccato un lastrone e molti sherpa sono morti. Vi erano già stati allarmi e tutta la loro comunità si è ribellata”. Una sorta di incitazione all’insurrezione che si sarebbe potuto risparmiare. Ma è stato un atto politico. Ecco: come si muove la politica? Come si organizza? Paolo Macry lo ha scritto lucidamente domenica sul Corriere del Mezzogiorno. Napoli non sembra in grado di produrre quel terremoto che si è avuto a livello nazionale, con la comparsa di un quarantenne che ha sfidato e battuto la nomenclatura di partito. Di fatto, da noi quel ruolo lo ha svolto de Magistris. È lui che ha rottamato (“scassato” nella versione vesuviana). Poi dei risultati si può discutere, ma è un altro discorso. Dietro di lui, non si capisce bene che cosa si muova. I volti sono sempre gli stessi: da Bassolino in giù, non c’è un portatore di una novità politico-amministrativa. E un uomo di rottura come De Laurentiis difficilmente si andrà a impelagare in un’avventura che lo relegherebbe in un luogo senza soldi com’è il Comune di Napoli. Tutto questo per dire che de Magistris ha sbagliato. Che ha perso un’occasione. Che ha incrinato il suo rapporto con una parte della città. Che non ne è uscito bene. Che ha prodigiosamente sanato fratture decennali, rimesso attorno a un tavolo bassoliniani e anti-bassoliniani, renziani e comunisti. Ma per dire anche che le battaglie politiche devono essere combattute per condurre alla costruzione di un leader. Quel che donna Imma ha sempre saputo. Massimiliano Gallo

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