Il Napoli (e il calcio) sul filo del fuorigioco: da Speggiorin a Del Grosso

Il gol era valido. Era buono, come diciamo noi che giochiamo a pallone per la strada. Alla verità siamo arrivati prima per motivi di fede poi seguendo la ragione. La fede ci ha convinto in tempo reale che il 2-1 di Insigne fosse da convalidare, la ragione ha impiegato qualche secondo in più, in assenza […]

Il gol era valido. Era buono, come diciamo noi che giochiamo a pallone per la strada. Alla verità siamo arrivati prima per motivi di fede poi seguendo la ragione. La fede ci ha convinto in tempo reale che il 2-1 di Insigne fosse da convalidare, la ragione ha impiegato qualche secondo in più, in assenza di aiuto da parte del telecronista Rai. Abbiamo dovuto riavvolgere nella nostra mente tutto l’articolo 11 del regolamento del calcio, le sue numerose variazioni e l’ultima direttiva emanata in estate, prima di realizzare che Higuain si trovava in “posizione passiva”: una volta la parola sarebbe stata “ininfluente”, oggi si preferisce dire che “non interferisce”. La regola del fuorigioco è la più modificata nella storia del calcio, con essa cambiano pure i termini, bisogna portare pazienza. Scatena dibattiti più accesi di una legge elettorale. Confonde più di un proporzionale personalizzato in un collegio uninominale con soglia di sbarramento alla tedesca. Anima i peggiori istinti e le più basse illazioni sulla moralità dei guardalinee. Decide la sorte di amori e relazioni (non si sposa una ragazza che non conosce la regola del fuorigioco). Strozza in gola l’urlo di gioia che vorrebbe uscire quando la palla finisce in porta: meglio dare prima uno sguardo al guardalinee, al suo braccio e alla sua bandiera.

C’è gente che sul filo del fuorigioco ha costruito la sua fortuna. Filippo Inzaghi, prima di tutti. Altri ci hanno fabbricato il loro mito alzando un braccio per condizionare l’arbitro. Franco Baresi, più di tutti. E poi ci sono quelli che sul filo del fuorigioco hanno perso la faccia una notte e per sempre. Prendete Cristiano Del Grosso, da Giulianova, per esempio. Trent’anni, una decorosa carriera, da quando ne aveva venti è più o meno in pianta stabile in serie A, tra Ascoli, Cagliari, Siena e Atalanta. Tutto sommato, avrà poche cose da raccontare ai nipotini davanti al fuoco, quando sarà. Quella volta che giocai contro Ibra. Quella volta che feci gol al Genoa. Quella sera in cui il pallone mi sbatté dietro la schiena. E i bambini, cattivissimi come sempre, si faranno ripetere più spesso il terzo dei suoi racconti: dai, nonno, dicci di quando non ti accorgesti che il gol del Napoli era regolare.

Capitelo, il povero Del Grosso. Ogni anno gli cambiano la regola sotto il naso. Nel tentativo di renderlo più oggettivo, rendono il fuorigioco più soggetto alle interpretazioni. La prima volta che la norma cambiò, il regolamento del calcio esisteva solo da due anni. Prevedeva che fra l’attaccante che riceve il passaggio e la porta ci fossero 4 avversari. Nel 1866 i difensori passarono a 3. Ma la prima vera grande rivoluzione arrivò nel 1926, quando un calciatore era in fuorigioco se non aveva fra sé e la porta almeno 2 avversari compreso il portiere, come oggi. Nacquero nuovi moduli (il WM) e l’arretramento del centromediano in marcatura. Spuntò quello che all’epoca chiamammo stopper. Sembra una sciocchezza ma cambiò la maniera di giocare. Guardatevi l’albo d’oro della serie A. Il Genoa con la nuova regola del fuorigioco non ha mai più vinto lo scudetto (non solo per quello, ma dirlo così è molto più divertente). Il Napoli, con la regola antica, invece non ha mai giocato. E’ nato quando c’era già la nuova.

La seconda grande variazione arriva nel 1990. I Mondiali italiani erano stati un pianto, pochi gol, difese esasperate, il fuorigioco era diventato definitivamente “la tattica del fuorigioco”. Sul passaggio avversario, la linea difensiva avanza per lasciarsi alle spalle l’attaccante. La tattica si impone nei Paesi Bassi. Negli anni Settanta e Ottanta ne sono maestri belgi e olandesi. Il Milan di Sacchi fa sua la lezione. La estremizza e la diffonde. Rende un inferno la vita dei guardalinee. La Fifa allora cambia. L’attaccante in linea con i difensori avversari non è più in fuorigioco, ma in posizione regolare. Da quel giorno trascorriamo le nostre domeniche a individuare se c’è luce fra un braccio e un ginocchio. Con ritocchi interpretativi via via più consistenti sulla passività di un giocatore che si disinteressa dell’azione. L’estate scorsa l’ultimo cambiamento: un giocatore non interferisce con un difensore se manifesta di disinteressarsi all’azione, se non ostruisce la visuale del portiere, se il pallone non gli arriva ed è distante più di un metro-un metro e mezzo dal suo marcatore più vicino. Higuain era più distante, la palla non gli arriva, posizione regolare, bravo il guardalinee Barbirati a esserne venuto a capo senza male ‘e capa. Del Grosso che si volta di spalle e con la schiena smarca Insigne rende la situazione un caso di scuola.

Di memorabili fuorigioco è piena la storia del Napoli. A cominciare da quello di Speggiorin che l’arbitro inglese Matthewson fischia in Belgio nella partita di ritorno della semifinale di Coppa delle Coppe 1977 contro l’Anderlecht. Gol annullato ingiustamente dopo 2 minuti, 2-0 il risultato finale per loro, eliminazione beffa. Si giocò con un pallone su cui l’arbitro aveva consentito che a penna prima del via i belgi scrivessero il risultato che gli serviva: 2-0. Una direzione di gara che fece infuriare anche un signore tranquillo come Burgnich. Si scoprì poi che Matthewson, professione birraio, aveva fra le case rappresentate la Bellevue, di proprietà del presidente dell’Anderlecht. Altro celebre fuorigioco fu quello di Laudrup nel ritorno dei quarti di finale di Coppa Uefa 1989, azione di cui gli juventini ancora parlano per dipingere un mondo in cui hanno subito dei torti. L’anno prima la tattica milanista del fuorigioco era stata beffata da Maradona su lancio di Crippa, con il gol di testa a pallonetto da fuori area. Già due episodi da ricordare quest’anno: i 21 centimetri di Llorente (siamo signori, non ne parliamo) e il caso di ieri in Coppa. Viene da pensare a Blatter, al suo sogno di un calcio senza fuorigioco per vedere più gol, un calcio liberista, senza lacci e lacciuoli, sgombro da vincoli, certamente un piccolo Eden per la categoria degli arbitri e dei guardalinee. Manderebbe in crisi la professione del moviolista, succhierebbe brodo vitale ai polemisti tv, forse farebbe rinascere il libero e di certo arretrerebbe il baricentro delle squadre. Ma probabilmente i gol diminuirebbero, questo a Blatter devono averlo detto, infatti ha rinunciato alla crociata. E comunque, se proprio la Fifa vuole togliere il fuorigioco, prima deve restituirci il gol di Speggiorin.
Il Ciuccio

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