È cambiato tutto nel calcio, le ragazze pon pon non mi sorprendono

“Lei, presidente, le chiama cheerleaders. Per quelli come me, non all’avanguardia e non proiettato nel futuro come lei, restano le ragazze pon pon. Diciamolo, un’americanata. Ma l’antimperialismo non c’entra niente. C’entra, piuttosto, una cultura lontana anni luce dal calcio: uno sport europeo che in America non ha mai sfondato. E lei in questo è americano…” […]

“Lei, presidente, le chiama cheerleaders. Per quelli come me, non all’avanguardia e non proiettato nel futuro come lei, restano le ragazze pon pon. Diciamolo, un’americanata. Ma l’antimperialismo non c’entra niente. C’entra, piuttosto, una cultura lontana anni luce dal calcio: uno sport europeo che in America non ha mai sfondato. E lei in questo è americano…”

Caro Max ti invidio. Perché sei giovane. E come tale hai ancora la capacità di sorprendenti per i cambiamenti. Di credere che esista qualche cosa di immutabile sia pure nell’effimero mondo del calcio. Noi ex giovani (che grazioso eufemismo!) non siamo così. Non ci sorprende più nulla. Di cambiamenti ne abbiamo visti troppi. Io in particolare in cinquanta e passa anni ne ho visti che ne ho visti di mutamenti nel circo del pallone. Io che vengo dall’epoca del superflex. Il pallone che si usava per giocare al campetto. Il campetto era in genere un largo fossato in terra battuta. Polveroso. Pieno di gibbosità.

Alcuni di questi cambiamenti li cito come mi tornano in mente. Quindi, probabilmente, non in ordine cronologico.
Non erano previste sostituzioni. Si cominciava in undici. Con quegli undici si doveva finire la partita. Se qualcuno si strappava veniva spedito a giochicchiare zoppicando all’ala. Il pubblico si aspettava “o goal do zuoppo”. Se l’infortunio era molto serio si finiva la partita in dieci.

Le partite cominciavano tutte alla stessa ora. Niente anticipi o posticipi. Tranne che in caso di rinvio per “impraticabilità del campo”. Niente notturne.

Per vedere un goal dovevi aspettare Novantesimo minuto. Mitica trasmissione della Rai. Maurizio Barendson, Paolo Valenti…

La vittoria dava due punti. Un altro calcio. Tattiche difensive esasperate. Fort Apache a più non posso. Brutto a vedersi. Ma con un che di romantico. Poi vennero i tre punti. Altro calcio. Altra musica. Inizia il traghettamento del calcio verso lo spettacolo.

C’era un albergo famoso, Hotel Gallia. Nel quale in un mese (poco meno o poco più) si svolgeva la campagna acquisti. Finita la quale rien ne va plus …se ne parla l’anno prossimo. Mica come ora che un giocatore lo vedi una domenica in bianconero e la domenica dopo in nero azzurro.

C’erano le bandiere. Cioè quei giocatori (Juliano, Rivera, Mazzola, Riva…) che nascevano in una squadra e lí morivano.

I diritti d’immagine erano sconosciuti. Il fair play pure. Non c’erano le clausole rescissorie…i procuratori…

E quindi, caro Max, non mi sorprenderei se prendessero piede negli stadi le ragazze pon pon.
Guido Trombetti

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