Boban ha litigato con Ceferin, critica Infantino ma difende sé stesso: «Hanno crocifisso Gesù, figuriamoci noi»
Al Guardian si difende dalle critiche da presidente della Dinamo Zagabria: «Il Mondiale per club, con quella formula, ha ucciso i giocatori. Mi dispiace di non avere più rapporti con Ceferin, ma non mi pento delle mie scelte».

Db Brescia 24/01/2020 - campionato di calcio serie A / Brescia-Milan / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Zvonimir Boban
Zvonimir Boban ha rilasciato un’intervista al Guardian dove ha parlato delle dimissioni dalla Uefa e il suo passato alla Fifa con Infantino.
Le dichiarazioni di Boban
Sulle critiche ricevute da presidente della Dinamo Zagabria:
«Dicono che Gesù era un uomo buono. Meglio di tutti noi, no? Lo hanno crocifisso, quindi chi siamo noi per non essere crocifissi nella nostra vita quotidiana?»
Le dimissioni dalla Uefa:
«Mi dispiace solo per il rapporto personale che avevo con Ceferin. Abbiamo avuto un rapporto molto bello negli anni, anche con le nostre famiglie. Ma ho fatto quello che dovevo fare. Lui ha scelto la sua strada, questo è tutto, e gli auguro solo il meglio. Ma non mi pento di nulla, per niente. Ci ho pensato due mesi prima di farlo.»
Sul premio del presidente Gianni Infantino a Donald Trump:
«Irrispettoso e irresponsabile. Sono rimasto sorpreso che abbia iniziato a pensarla in questo modo, troppo politicizzante, ossessionato dai politici e da tutte quelle storie. All’inizio non era così. Tutto riguardava il calcio e i calciatori. Abbiamo dovuto riportare la Fifa in quella direzione e lo stavamo facendo. Ora Gianni non è consapevole di ciò che sta facendo a se stesso e alla Fifa. Pensa di fare il meglio, ma sta facendo il contrario. Non dovrebbe essere un’organizzazione politica la Fifa, ma lo sta diventando: è vergognoso. Mi dispiace per il calcio.»
Boban era un grande sostenitore del Mondiale per club quando era alla Fifa, ma con 24 squadre partecipanti e gironi da tre:
«Trentadue squadre e un torneo di trenta giorni ha ucciso i giocatori».
Molto prima che la Fifa lo chiamasse, si era laureato ed era diventato giornalista:
«Forse gli eventi dell’epoca dell’ex Jugoslavia mi hanno spinto a studiare. Cosa ho imparato? Che le persone non cambiano molto. Ciò che sta cambiando è il nostro ambiente. Gli antichi greci vivevano con gli stessi dubbi, problemi e paure di oggi».










