Brambilla, Tassotti e gli altri: gli allenatori a scadenza, quelli da una notte di gloria e niente più
Viaggio del Quotidiano Nazionale che ricorda i mini-traghettatori della Serie A, fanno al al massimo fanno una-due comparsate in panchina

Cm Torino 29/10/2025 - campionato di calcio serie A / Juventus-Udinese / foto Cristiano Mazzi/Image Sport nella foto: Massimo Brambilla
Quelli che vanno in panchina con la data di scadenza sulla schiena. Lo sanno, prima ancora di sedersi. Magari qualcuno dentro di sé culla la speranza di potersela giocare, di convincere i dirigenti, di trasformare la parentesi in opportunità. Ma in fondo sanno tutti che la loro è una missione a tempo determinato: consumare entro e non oltre. E’ la storia di Brambilla, Vecchi, Tassotti, ma anche di Castellini, Magnani, Bigica, tutti promossi con scadenza. Ne parla il Quotidiano Nazionale in un pezzo a firma di Doriano Rabotti.
La storia di Massimiliano Brambilla
La storia di Massimo Brambilla, allenatore della Juventus per una sola partita in attesa di cedere il posto in panchina da oggi a Luciano Spalletti, non è la prima e non sarà l’ultima. Brambilla entra nel club ristretto di chi balla per una notte, o poco più. Capita quasi sempre a profili psicologici simili, a persone che mettono l’interesse generale davanti alle ambizioni personali. O forse è solo gente che sa stare al proprio posto e tornare dietro le quinte quando è finita l’emergenza.
Brambilla lo ha fatto con naturalezza: ha vinto contro l’Udinese e ha lasciato la panchina senza rimpianti. Esattamente come due anni fa Paolo Montero, che al posto di Allegri giocò due partite, una vittoria e un pareggio, prima di tornare alla Next Gen bianconera. In quella parentesi surreale, fu promosso dopo la sfuriata di Allegri contro Giuntoli e si trovò ad affrontare il suo successore Thiago Motta in un 3-3 a Bologna, per poi chiudere con il 2-0 sul Monza che valse il terzo posto finale alla Signora.
Stefano Vecchi all’Inter
Anche all’Inter la scena si è ripetuta. Stefano Vecchi venne chiamato nel novembre 2016 al posto di Frank de Boer, perse in Europa League col Southampton e poi batté il Crotone 3-0 a San Siro, prima di lasciare a Stefano Pioli. E di riprendersela, sempre lui, a maggio 2017 per le ultime tre gare: una sconfitta, due vittorie e un settimo posto finale. Curiose le somiglianze con la doppia avventura di un altro nerazzurro, Luciano Castellini, il “Giaguaro” che prese il posto di Roy Hodgson nel 1997 e poi di Mircea Lucescu nel 1999, prima di lasciare di nuovo la panchina al ritorno di Hodgson.
Le storie di Magnani, Tassotti e Bigica
C’è chi, come Paolo Magnani, una notte di gloria se l’è conquistata sul campo: nell’agosto 2010, contro l’Inter di Benitez, riuscì a strappare uno 0-0 storico con il suo Bologna mentre aspettava Malesani, pur non avendo neppure il patentino. Sull’altra sponda di Milano, la storia del “mister col timer” è quella di Mauro Tassotti. Nel gennaio 2014, tra l’esonero di Allegri e l’arrivo di Seedorf, guidò il Milan per una sola partita, vincendo 3-1 contro lo Spezia in Coppa Italia. Ma già nel 2001 aveva fatto da ponte: dodici partite in panchina, cinque vittorie, quattro pareggi e tre sconfitte.
E poi c’è Emiliano Bigica, chiamato dal Sassuolo due stagioni fa: una partita, una sconfitta per 6-1 contro il Napoli, e addio. Poi il ritorno alla Primavera, dove avrebbe vinto scudetto e Supercoppa. Una parabola simile a quella di Andrea Manzo, promosso nel 2008 dalla Primavera del Parma alla prima squadra per l’ultima giornata: retrocesso in Serie B, tornò subito tra i ragazzi.
Tutti loro accomunati da un destino che non ammette proroghe: sanno che la loro scadenza è già scritta, ma la accettano con la naturalezza di chi conosce il proprio ruolo. Perché, come recita l’etichetta invisibile cucita sulla loro giacca da allenatore, la data di scadenza era passata.











