Valentina De Laurentiis: «Il Napoli non è solo una squadra, ma un simbolo culturale. Il nostro obiettivo è portarla nel mondo»

A Rivista Undici: «Dopo tanti anni con i grandi brand sportivi, abbiamo sentito il bisogno di un’identità più personale. Volevamo raccontare una storia tutta nostra»

valentina de laurentiis

Mg Napoli 23/05/2025 - campionato di calcio serie A / Napoli-Cagliari / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Valentina De Laurentiis

Negli ultimi anni il Napoli ha rivoluzionato la propria immagine, trasformandosi da club sportivo a brand globale. Dietro questo processo di rebranding c’è la visione di Valentina De Laurentiis, che ha guidato il club partenopeo in una nuova era. In questa intervista concessa a Rivista Undici, racconta come è nata la nuova filosofia del Napoli.

Le parole di Valentina De Laurentiis

Negli ultimi anni il Napoli ha accelerato molto sul piano dell’identità e della comunicazione. Si può parlare di continuità con il passato o di una rottura netta?

«Sicuramente mio padre è un visionario, uno che non ha mai avuto paura di mettersi in gioco. Ha sempre avuto idee all’avanguardia che hanno permesso alla società di evolversi sotto ogni punto di vista. Per costruire qualcosa di grande servono tempo, costanza e un lavoro profondo. Negli ultimi anni abbiamo sentito il bisogno di fare un passo in più: non solo rendere forte la squadra, ma contribuire alla rinascita della città. Napoli ha una luce propria, che aveva bisogno di essere raccontata e valorizzata. Abbiamo scelto di puntare su questo: raccontare la magia e l’anima di una comunità che vive e vibra ogni giorno».

Quando e come è iniziato il percorso di rebranding del club? Quali sono stati i punti cardine di questa trasformazione?

«Il percorso nasce dall’esigenza di rappresentare l’orgoglio di essere Napoli. Tutto è partito dal logo, con la storica N ridisegnata in chiave più minimal e contemporanea. Abbiamo puntato su un linguaggio visivo pulito, elegante, capace di parlare non solo ai tifosi ma anche a chi ama il design e la cultura. L’obiettivo era chiaro: il Napoli non è solo una squadra di calcio, ma un simbolo culturale. Da qui l’idea di costruire un’immagine che unisse identità, stile ed esperienza».

L’autoproduzione delle maglie è stata forse la scelta più dirompente. Com’è nata questa idea così fuori dagli schemi?

«È nata da un’esigenza di libertà. Dopo tanti anni con i grandi brand sportivi, abbiamo sentito il bisogno di un’identità più personale. Volevamo poter raccontare una storia che fosse solo nostra, senza limiti imposti da logiche esterne. Non ci siamo ispirati a nessuno: è stata una scelta di rottura, un atto di fiducia nell’eccellenza italiana e nella determinazione napoletana. All’inizio non è stato facile: c’erano tempi stretti e molte incognite, ma grazie a un gruppo straordinario ce l’abbiamo fatta. Oggi possiamo dire che quella scelta ha cambiato tutto».

Che impatto ha avuto questa rivoluzione sul club e sui tifosi?

«Immediato. Abbiamo trasformato la maglia in un oggetto di design, un simbolo identitario. Nel 2021/22 abbiamo presentato 13 maglie, tra cui quella di Halloween e la “maglia del bacio”, idee che hanno conquistato i tifosi e attirato curiosità in tutto il mondo. Oggi il Napoli è percepito non solo come squadra, ma come brand culturale, capace di unire moda, arte e passione popolare. È solo l’inizio di un percorso che può portarci a diventare un marchio globale, senza mai perdere la nostra anima partenopea».

Come riuscite a conciliare collaborazioni globali e radici locali?

«È proprio dall’unione di queste due anime che nasce la forza del Napoli. Le partnership internazionali ci permettono di portare il nostro nome nel mondo, ma restare legati alla città è fondamentale. Collaboriamo con artisti, artigiani e imprese locali: è il modo per non perdere mai l’autenticità. Vogliamo portare Napoli nel mondo e il mondo dentro Napoli. È un equilibrio delicato, ma è ciò che ci distingue».

E il futuro? Dove può ancora crescere il Napoli fuori dal campo?

«Ora vogliamo abbracciare tutti i tifosi napoletani del mondo, farli sentire parte di un’unica famiglia. Apriremo nuovi store, svilupperemo collaborazioni internazionali, organizzeremo eventi che raccontino la nostra anima. Napoli ha un’identità così forte e universale che può parlare a chiunque: basta trovare il linguaggio giusto. Perché Napoli non è solo un club, è un’emozione che attraversa confini, culture e generazioni».

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