È stato la voce di Anfield per 54 anni: «mi hanno sostituito con la techno. Il Liverpool voleva far pagare le dediche»

Il Telegraph intervista George Sephton il "Decibel Bellini" dei Reds: «Negli ultimi tempi c'era tanta musica, io al massimo dicevo che c'era da spostare una macchina»

tifosi Liverpool McGregor

Mg Parigi (Francia) 28/05/2022 - finale Champions League / Liverpool-Real Madrid / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: tifosi Liverpool

Liverpool, va in pensione la voce di Anfield per 54 anni: «mi hanno sostituito con la techno. Il club voleva far pagare le dediche»

George Sephton è stato per oltre cinquant’anni la voce, il deejay, di Anfield. Il “Decibel Bellini” del Liverpool, insomma, ma all’ennesima potenza. “La sua eloquenza gentile, l’assenza di esclamazioni sguaiate, il suo approccio del tutto sobrio”, lo descrive il Telegraph che l’ha intervistato. “Diciamo solo che era l’esatto opposto dei commentatori della Ryder Cup, che pensavano che fosse loro compito incitare il pubblico di casa a imprecare contro gli avversari. Nel corso dei decenni, Sephton ha perfezionato l’arte dell’intrattenimento pre-partita. E, qualunque fosse la moda, è rimasto fedele al suo stile. Mentre in molti stadi, oggigiorno, i timpani sono sempre più aggrediti dalle urla degli operatori degli altoparlanti, lui è rimasto una presenza sempre gentile”.

“È buffo, perché verso la fine non parlavo più molto”, dice lui. “C’era tanta musica, poi ogni tanto mi intromettevo per dire: Il proprietario della targa XYZ potrebbe spostarla, per favore?”.

Ovviamente il nuovo corso non gli piace “affatto. Non mi piace il modo in cui i ragazzi moderni urlano i nomi delle formazioni. Mi fa rabbrividire. Ho cercato di fare la mia parte per preservare la dignità del Liverpool”.

La voce del Liverpool: «Leggevo dediche, compleanni, anniversari, mi hanno fatto smettere»

“Ero solito leggere dediche, compleanni, anniversari di matrimonio. Poi all’improvviso mi hanno chiesto di smettere. Non riuscivo a capire perché. Poi l’ho scoperto: volevano far pagare le dediche. Non era proprio il massimo. Non era quello che doveva succedere ad Anfield. Così mi sono rifiutato di farlo. E l’idea è sparita silenziosamente. Il mio lavoro ad Anfield era far sentire le mie canzoni preferite a 60.000 amici intimi“.

“La gente pensa che io sappia tutto quello che succede dietro le quinte. Ma non sono mai stato classificato come membro dello staff. Anzi, una stagione avevo un cordino che mi identificava come ‘addetto alla sicurezza occasionale durante le partite’. Una descrizione interessante di un DJ. E non sono mai stato invitato in una sala hospitality. Sono come il vecchio cane quando il suo padrone ha un divano nuovo: non fatelo entrare qui“.

Ora “mi hanno gentilmente dato un abbonamento. Ma è strano, non mi hanno davvero sostituito. Avevano una dj a una partita femminile del Liverpool ad Anfield a cui sono andato di recente, si chiamava Lauren Lo Sung. Ha praticamente suonato un’ora di musica house a tutto volume. Non proprio il mio genere. Ma è un segno dei tempi, immagino”.

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