“A corto muso” il libro di Falci su Allegri l’allenatore più divisivo d’Italia, il Berlusconi della panchina
Un libro politico, scritto da un giornalista politico. Con la prefazione di Pigi Battista e gli aneddoti di Matteo Renzi.

“A corto muso” il libro di Falci su Allegri l’allenatore più divisivo d’Italia, il Berlusconi della panchina
Si intitola “A corto muso” il libro del giornalista politico Giuseppe Alberto Falci su Massimiliano Allegri, per Paesi Edizioni. È un libro politico, non calcistico. Libro la cui idea è maturata nei primi mesi del 2025, in pieno thiagomottismo. Falci ha svolto un lavoro di ricerca e di approfondimenti, ha scovati pareri originali in un tempo in cui Massimiliano Allegri era considerato (e per certo versi ancora lo è) il diavolo del calcio. Deriso dal primo passante all’ultimo opinionista. Falci nel libro ha raccontato questo aspetto, anche la similitudine tra Allegri e Berlusconi. Il loro essere divisivi. Guai a manifestare simpatia per Allegri, a riconoscere i suoi meriti. Ti beccavi una bolla papale dall’intellighenzia calcistica che oggi sovrintende alla narrazione pallonara del paese. Ora le cose sono un po’ cambiate ma solo perché i risultati stanno lì impietosi. E infatti gli scienziati del calcio si sono inventati un cambiamento allegriano che ovviamente non è mai esistito. Ma “A corto muso” non si occupa di calcio giocato. Il sottotitolo è: “Max Allegri e gli altri. Il calcio diventa politica”.
La sinossi del libro:
È il primo leader politico del calcio italiano: divisivo come Berlusconi, ironico come Renzi, stratega silenzioso come Andreotti. Stiamo parlando di Massimiliano Allegri. Autore di frasi cult, un po’ come il «meno tasse per tutti» del Cavaliere di Arcore, negli anni Allegri è diventato qualcosa di più di un allenatore. Il suo pensiero divide il mondo del pallone tra giochisti e risultatisti, ma ha anche un impatto sul linguaggio e sulla società. Essere allegriano è ormai un modo di prendere la vita, di intendere e interpretare il mondo. Un po’ come dovrebbe essere l’appartenenza a un partito. Dalle origini livornesi al grande salto nel calcio che conta sulle panchine di Milan e Juventus passando per i campi di provincia di mezza Italia, questo libro è un viaggio tra sport, sociologia e politica, accompagnato da aneddoti e retroscena esclusivi.
Falci è un cronista politico del Corriere della Sera nonché autore a Mediaset (è anche un collaboratore del Napolista). Uno di quei giornalisti che in gergo vengono definiti topi di Montecitorio. Non sa tutto ma sa tante cose che accadono e vengono spifferate nei palazzi della politica. Negli anni ha ulteriormente affinato l’attenzione e l’interesse per i dettagli che fanno sempre la differenza. Che rivelano i mutamenti in corso. Juventino doc, ha applicato il metodo politico per illustrare il fenomeno Allegri.
La prefazione è firmata da un giornalista politico, un autorevole intellettuale quale Pierluigi Battista. Il libro contiene le firme e i commenti di Matteo Renzi, Adriano Galliani, Andrea Romano, Sandro Sabatini, Ivan Zazzaroni, Italo Cucci, Simone Lenzi, Livio Gigliuto e Massimiliano Gallo.
In libreria dal 17 ottobre. Ma si può già prenotare su Amazon.
Recita il comunicato della casa editrice:
Autore di frasi cult, un po’ come il «meno tasse per tutti» di Berlusconi, negli anni Allegri è diventato qualcosa di più di un allenatore. Divisivo come il Cavaliere, ironico come Renzi, stratega silenzioso come Andreotti, oggi il suo pensiero divide il mondo del pallone tra giochisti e risultatisti, ma ha anche un impatto sul linguaggio e sulla società. «Essere allegriano è ormai un modo di prendere la vita, di intendere e interpretare il mondo. Un po’ come dovrebbe essere l’appartenenza a un partito» scrive l’autore del libro.
«Allegri è il grande allenatore fuori moda, libero dagli schemini freddi e inanimati, oppositore della dittatura della tattica, dei moduli oppressivi, del calcio alla lavagna, dell’ossessione della “fase di non possesso” e della “costruzione dal basso”, del “bel giuoco” (che se poi non vinci a cosa finisce per assomigliare quel piacere solitario del “bel giuoco”?)» scrive nella prefazione al libro Pierluigi Battista, tra le più grandi firme del giornalismo italiano. «Litigava con i commentatori malati di schematismo. E aveva sempre ragione lui. “A corto muso”? Sì, a corto muso».