Sensini: «Nella mia scuola calcio 400 bambini gratis nel nome di Che Guevara. Devo ancora pagare la cena a Calori»
Alla Gazzetta: «Udine non sapevo nemmeno dove fosse. Non c’era internet, andai a comprare una cartina dell’Italia. Ancelotti è il miglior tecnico del mondo, attenti al suo Brasile»

1999 archivio Storico Image Sport / Parma / Nestor Sensini-Abel Balbo Squadra-Hernan Crespo-Juan Sebastian Veron-Faustino Asprilla / foto Aic/Image Sport
L’ex difensore argentino Nestor Sensini – oggi dirigente ed allenatore – ha rilasciato una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport. Tanti i temi trattati durante la chiacchierata con la Rosea: dalle sue origini all’approdo in Serie A, passando per i numerosi campioni con cui ha condiviso il percorso.
Le parole di Nestor Sensini
Sensini è nato a Rosario, la città di uno dei personaggi più iconici del secolo scorso. «Non è la mia città, è la città di Ernesto Che Guevara. Per quelli della mia generazione, io sono nato nel 1966, lui è stato un punto di riferimento, un orgoglio. Lottava per le idee, non per il denaro. La sua lezione è viva ancora oggi e questo ne testimonia la bontà e la forza. Noi “rosarini” siamo fatti così: pensiamo al prossimo e non al guadagno. Forse non tutti, ma io sì. Ho una scuola calcio a Rosario: 400 bambini che vengono a giocare gratuitamente. Lo faccio perché desidero mettere la mia esperienza al servizio della comunità».
Su Maradona: «Lo descrivo con una sola parola: poesia. Lui, in campo, scriveva versi, faceva rime. Nessuno al suo livello, perlomeno quello che ho visto io. E fuori dal campo un vero leader. Mai una parola contro un compagno, sempre in difesa della squadra».
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Del suo arrivo a Udine, ricorda: «Volevo giocare in Serie A, era il mio obiettivo, ma confesso che Udine non sapevo nemmeno dove fosse. Allora non c’era internet, non c’era Google Maps. Andai a comprare una cartina dell’Italia e mi resi conto di dove proseguiva la mia avventura. Anni meravigliosi a Udine, con il Patron Pozzo che è stato una specie di secondo padre. Ci sentiamo ancora adesso».
Sul rigore concesso alla Germania nella finale di Mondiali 1990 tra l’Argentina e i tedeschi: «Raccontiamo bene. Il rigore non c’era. Io entrai sul pallone e Voeller si buttò. Il guaio fu che l’arbitro Codesal abboccò. Vedere i nostri tifosi disperati, il popolo argentino che piangeva per me è stato terribile. Mi sentivo responsabile, anche se sapevo di non aver commesso nessun fallo».
Sulla sua esperienza al Parma: «All’epoca era una delle sette sorelle. Ve le ricordate? Un altro mondo, un altro calcio. Una squadra formidabile, quella del 1999, con Malesani in panchina. C’era il mio amico Veron che, quando il mister ordinava una seduta tattica sul campo, usciva e andava a fare la doccia. Lui non aveva bisogno di quelle lezioni, era un fenomeno».
Sulla vittoria dello scudetto con la Lazio nel 2000: «Devo ringraziare il mio caro amico Alessandro Calori. Fu suo il gol con il quale il Perugia batte la Juventus e noi, negli spogliatoi, attaccati alle radioline perchè a Perugia era piovuto ed era stato ritardato l’inizio della partita. Adesso che mi viene in mente: devo ancora pagare a Calori la cena che gli avevo promesso. Sono passati 25 anni, forse è venuto il momento di saldare il debito, che dite?».
«Una squadra pazzesca gestita da un allenatore che, secondo me, era l’unico in grado di tenere insieme quei campioni: Sven Goran Eriksson. Mancini, Mihajlovic, Veron, Nedved, Nesta, Salas, Conceiçao, Boksic… Personalità ingombranti, ma Sven non si scomponeva mai: metteva d’accordo tutti con una semplice parola o con un sorriso».
Lei ha battezzato anche il debutto dell’allenatore Ancelotti in Serie A. Stagione 1996-97.
«Ricordo che a dicembre eravamo molto in basso, in classifica, e si parlava di esonerare Carletto. Noi giocatori, invece, ci eravamo affezionati a lui. Così, per stemperare un po’ la tensione, decidemmo che, per Natale, gli avremmo regalato un set di valigie. Lui prese il pacco e si mise a ridere… Alla fine del campionato, dopo una rimonta pazzesca, arrivammo secondi. E quel set di valigie, visto il giro del mondo che ha fatto in panchina, gli sarà servito… Io dico: occhio al suo Brasile al prossimo Mondiale, perché lui è il miglior tecnico al mondo e con il suo carattere e la sua esperienza è capace di far diventare la Seleçao una Nazionale davvero super».