Pennetta: «Perché diventi coach, Fabio deve prima “uccidere” il tennista che era»

Alla Gazzetta: «Allenare e giocare sono due dinamiche completamente diverse. A me non manca la vita di prima, la cosa bella degli sportivi è proprio la loro "pensione"»

Flavia Pennetta Sinner

(1509013) -- NEW YORK, Sept.13, 2015 -- Flavia Pennetta of Italy celebrates scoring during the women s singles final match against her compatriot Roberta Vinci at the 2015 US Open in New York, the United States, Sept. 12, 2015. Flavia Pennetta claimed the title of the event after beating Roberta Vinci 2-0. ) (SP)US-NEW YORK-TENNIS-US OPEN-WOMEN S SINGLES-FINAL YinxBogu PUBLICATIONxNOTxINxCHN New York Sept 13 2015 Flavia Pennetta of Italy Celebrates Scoring during The Women s Singles Final Match Against her compatriot Roberta Vinci AT The 2015 U.S. Open in New York The United States Sept 12 2015 Flavia Pennetta claimed The Title of The Event After Beating Roberta Vinci 2 0 SP U.S. New York Tennis U.S. Open Women s Singles Final YinxBogu PUBLICATIONxNOTxINxCHN

Flavia Pennetta è stata intervistata da La Gazzetta dello Sport e ha ampiamente parlato della sua carriera, della vittoria degli Us Open contro Roberta Vinci ma anche di suo marito Fabio Fognini e del suo futuro come coach. Di seguito un estratto significativo dell’intervista.

Pennetta: «Fognini coach? Deve prima “uccidere” il tennista dentro di sé»

Flavia, è appena tornata a New York per commentare lo Us Open e girare il documentario sul trionfo di dieci anni fa. Che effetto le ha fatto rivivere quei luoghi e quei momenti?
«È stato molto emozionante. Tornare su quel campo, anche vuoto, mi ha riportata indietro come se stessi rigiocando la finale. Ho rivissuto la partita in pieno ed è stato bellissimo, da brividi. Questa volta, però, ho avuto anche il tempo di vedere New York in modo diverso: quando sei lì per il torneo sei così concentrata che non ti accorgi davvero della città che ti circonda. Questa volta, invece, mi sono lasciata avvolgere».

Ha mostrato quei luoghi ai suoi tre bambini?
«No, sarebbe stato troppo impegnativo. Magari vedranno il documentario. Con me c’era mia sorella ed è stato speciale perché non era con me il giorno della finale, quindi tornare a New York e condividere quei momenti con lei è stato come rivivere tutto da capo».

Ora il tennis lo vede da un’altra angolazione, commentando i tornei e i suoi protagonisti. Come si sta dall’altra parte del campo?
«All’inizio non mi piaceva guardare il tennis. Seguivo solo Fabio, ma non avevo voglia di vedermi un match intero per piacere. Ora invece sì: mi diverto a seguire, ad analizzare, a capire. È un approccio diverso, che ho imparato ad apprezzare col tempo. A New York mi sono vista tutte le partite degli italiani».

Che mamma è Flavia Pennetta? Poliziotto buono o cattivo?
«Diciamo che alterno bastone e carota. Sono severa ma nei limiti. Li lascio sfogare, divertire, sotto il mio ombrellone quest’estate c’erano 18 bambini. Voglio che vivano la loro infanzia con gioia ma sempre seguendo regole su cui non transigo. Se andiamo al ristorante e iniziano a fare confusione, pago l’acqua e ce ne andiamo a casa. È successo davvero. Ma è anche così che si cresce».

E i social, le fanno paura?
«È un tema che ancora non li tocca più di tanto perché Federico, il più grande, ha solo otto anni. Però ogni tanto mi chiede che metta la sua foto su Instagram perché i genitori di alcuni suoi amici lo fanno. Se vorrà, Instagram a 18 anni».

È stata anche la prima estate intera con Fabio marito e padre a tempo pieno… Com’è andata?
«Impegnativa! Scherzi a parte, gli equilibri sono stati diversi dagli altri anni. Fabio non è abituato: si chiedeva sempre “e ora cosa facciamo?”. In vacanza, con i bambini, stai seduto, controlli e speri che nessuno si faccia male, che non affoghino…».

Vede Fabio come super coach in futuro?
«Sì. Ma credo che gli serva ancora un po’ di tempo per staccare e capire se vuole davvero intraprendere quella strada. Non è semplice, devi prima “uccidere” il giocatore e poi rinascere coach: le dinamiche cambiano completamente».

Flavia, possiamo dire quindi che non le manca la vita di prima?
«No, l’ho amata nel bene e nel male ma non mi manca. Una cosa bella degli sportivi è che hanno la possibilità di “andare in pensione” presto e scegliere cosa fare della loro vita. Io ho realizzato i miei sogni, persino più grandi di quanto immaginassi».

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