Bove: «Il dolore mi ha fatto pensare a una vita normale, ho attraversato una crisi d’identità»
Al CorSport: «In momenti così ti poni delle domande, ti chiedi cosa sarai senza il pallone. All'inizio non avevo capito la gravità della situazione, pensavo di essere solo svenuto».

Firenze 27/09/2024 - campionato di calcio serie A / Fiorentina-Roma / foto Image Sport nella foto: esultanza gol Edoardo Bove
E’ trascorso quasi un anno da quando Edoardo Bove non mette piede in campo, dal match contro l’Inter dello scorso dicembre in cui il centrocampista della Fiorentina si accasciò improvvisamente a terra e gli fu diagnosticato un problema cardiaco. L’ex Roma non potrà più giocare in Italia e ha rilasciato un’intervista al direttore del Corriere dello Sport Ivan Zazzaroni in cui racconta le sue giornate ora e parla del suo futuro.
Bove: «Il dolore mi ha portato a una crisi d’identità»
È meravigliosamente sereno, sorridente e in ottima forma…
«Non riesco a star fermo, devo muovermi, gioco a padel, ho la palestra in casa. Ho lasciato l’appartamento di Firenze, a un minuto dal Duomo, ci sono stato solo dieci mesi eppure mi sento legatissimo a un posto in cui ho vissuto più emozioni negative che positive. Firenze, la città, è stata importante. Quando non avevo cose da fare andavo in giro, il Lungarno, le strade del centro, vedevo solo cose belle, incontravo gente che mi copriva d’affetto. Alla fine le cose più dolorose sono anche le più potenti. La sofferenza, se condivisa con gli altri, enfatizza i rapporti, oltre che i ricordi. Il dolore mi ha fatto pensare a una vita normale. Ho tanti amici che studiano o lavorano e ci sono stati momenti, in questi mesi, in cui ho temuto di dover smettere di giocare. Se non avessi avuto quell’incidente, questa parte di vita non l’avrei conosciuta. Mi sono ritrovato a riflettere su cosa avrei fatto da grande. Situazioni come la mia sono piene di step».
Il prossimo step qual è?
«Il ritorno in campo».
A quanti esami ti sei sottoposto da gennaio ad oggi?
«Le visite saranno state una decina, molte di semplice controllo, elettrocardiogramma, prove sotto sforzo, holter pressorio, oltre a aritmologiche e a studi elettrofisiologici. Sono preparato. I medici hanno giustamente tutte le cautele… Ci vuole ancora un po’ di tempo, ma sento che si sta chiudendo il cerchio. Stiamo parlando con la Roma, ho un contratto fino a giugno 2028».
Ti sei sentito con Christian Eriksen…
«Più di una volta. Abbiamo qualcosa in comune, pur non conoscendoci di persona. Me lo sento vicino e sono contento che abbia trovato un’altra squadra…».
Il periodo nero è passato del tutto?
«Quando mi sono ritrovato senza certezze, ho attraversato una crisi d’identità. Fino ad allora non avevo fatto altro che giocare a calcio. In momenti come quelli ti poni un sacco di domande, ti chiedi cosa sarai senza il pallone. Mi hanno aiutato la famiglia, gli amici, i compagni, i tifosi, la Fiorentina, e non mi riferisco solo alla squadra, ma anche ai dirigenti».
Guardi ancora le partite?
«Solo quelle della Roma e della Fiorentina, le altre mi danno fastidio. Anche mio padre vede meno calcio, credo sia una reazione più che naturale. All’inizio io pensavo di essere solo svenuto, non capivo la gravità della situazione. I miei invece sapevano di aver corso il rischio di perdere un figlio».
Ti ci volle una bella forza per rivedere le immagini:
«Le situazioni preferisco prenderle di petto, sono sempre stato così. Voglio capire. Quando so di poter cambiare il corso delle cose, non certo il destino, mi sbatto».