Mancinelli (ex allenatrice di Sofia Raffaeli): «Nella ritmica imperava il modello sovietico. Oggi sarebbe inconcepibile»
L'intervista a Repubblica: «Con Maccarani ho avuto un rapporto professionale. Altro non saprei dire, la verità emergerà certamente». Si è separata da Sofia

Mancinelli (ex allenatrice di Sofia Raffaeli): «Un tempo era dominante il modello sovietico. Oggi sarebbe inconcepibile»
Ginnastica ritmica, Claudia Mancinelli non è più l’allenatrice di Sofia Raffaeli. Mancinelli è stata promossa. Lo ha annunciato la Federginnastica con un comunicato: “In virtù delle riconosciute competenze della tecnica della S.G. Fabriano, la Federazione, di comune accordo con la società di appartenenza di Claudia Mancinelli, ha deciso di affidare all’allenatrice il ruolo di responsabile del Centro di attività territoriale (Cat) di Roma, dove avrà l’opportunità di lavorare e far crescere le promesse della disciplina, mettendo a disposizione la sua esperienza e le sue capacità”.
Qualche giorno fa, prima dell’ufficialità della nomina e della separazione da Sofia Raffaeli, Mancinelli è stata intervistata da Repubblica a firma Cosimo Cito. L’occasione è anche la pubblicazione del suo libro.
Scrive Repubblica:
Il mare della popolarità è tornato tranquillo, ma è percorso da una brezza ancora apprezzabile. Nei giorni di Parigi 2024, l’Olimpiade più ricca della storia italiana, Claudia Mancinelli — che a una medaglia aveva partecipato attivamente, il bronzo di Sofia Raffaeli nel concorso individuale di ginnastica ritmica — era sulla bocca e sugli schermi di tutti. Con quella protesta garbata e perentoria di fronte alla giuria, l’accredito che le pendeva sul collo, le parole dolci nell’orecchio di Sofia. «Un’ondata impressionante, fantastica. E bella, perché ha dato popolarità anche al nostro sport, che ne ha tanto bisogno». Frutto anche di quella fase della vita di Claudia Mancinelli è il suo primo libro, I love gym, dedicato alle giovani ginnaste. E a una in particolare: sua figlia Mika, 12 anni.
Ecco alcune domande e risposte:
Lei, ex ginnasta, madre di una ginnasta, allenatrice di una campionessa del mondo, come definirebbe la ginnastica ritmica?
«Una passione, per la quale vale la pena di lottare e di fare fatica. Vivo una condizione doppia, quella di madre e quella di allenatrice. Unire le due cose è complesso. La scuola, lo studio, il tempo che manca sempre. E la ginnastica pretende disciplina, impegno totale. Dalle 4 alle 8 ore in palestra. Ma c’è anche la vita, oltre quella porta».
Qual è il limite tra performance e rispetto della persona?
«Raggiungere e non superare quel punto di equilibrio non è facile. L’allenatore deve avere un’abilità maieutica, avere dialogo, essere tanto psicologo. E deve lavorare molto anche su sé stesso. Nella nostra società la gentilezza viene spesso confusa con il non avere polso. Ma un allenatore deve sapere qual è il limite».
Negli ultimi anni in Italia, anche per le vicende legate a Emanuela Maccarani, si è delineata una narrazione tossica della ginnastica ritmica.
«Con Maccarani ho avuto un rapporto professionale. Altro non saprei dire, la verità emergerà certamente. Un tempo c’era un modello, quello sovietico, dominante in Europa. Oggi quel modello è inconcepibile».