Tommaso Bianchini sarà a breve ufficializzato nuovo direttore generale dell’area business
Il brand Calcio Napoli è ormai stabilmente nella top 20 mondiale. Il club è già all'opera per festeggiare il centenario il 1° agosto del 2026

Tommaso Bianchini sarà a breve ufficializzato nuovo direttore generale dell’area business
Se ne parlava da mesi, adesso è quasi ufficiale: Tommaso Bianchini sarà il nuovo direttore generale del Napoli, area business.
Scrive Repubblica con Pasquale Tina:
“Proud to be Napoli”. Anche con lo scudetto sul petto. Perché l’abbraccio tra Napoli e il Napoli proseguirà pure nella prossima stagione, quella degli azzurri di nuovo campioni d’Italia per la seconda volta in tre anni. Il calcio e la città cammineranno ancora insieme. È stata una scelta vincente nell’ultima stagione e proseguirà pure nel racconto del Napoli che sta nascendo. Lo sta curando nei dettagli Tommaso Bianchini.
I prossimi passi del nuovo Napoli saranno il lancio della campagna abbonamenti per le gare di campionato e Champions League e naturalmente le maglie ufficiali. E Napoli continuerà ad essere lo sfondo. Il calcio come lente di ingrandimento dei tesori della città, dunque. L’esempio più lampante è stato la presenza di Conte e dei giocatori, in occasione dell’inaugurazione della stazione di Chiaia della linea 6 della metropolitana.
Repubblica ricorda che
Il Napoli è sempre più forte anche sui social tanto da aver superaro il traguardo dei 5 milioni di follower su Instagram. Il prossimo step sarà il recupero della storia del Napoli.
E che il primo agosto 1926 si festeggerà il centenario del club. La festa scudetto è stata un successo così come l’autodeterminazione nella creazione delle magliette (con Valentina De Laurentiis). Il brand Calcio Napoli è ormai stabilmente nella top 20 mondiale.
Bianchini: «Il mio lavoro è vendere sogni, la casa del Napoli è il mondo» (5 aprile 2025)
Tommaso Bianchini, responsabile marketing del Napoli, ha rilasciato un’intervista alla Ipe Business School.
Qual è il tuo ruolo all’interno di una società sportiva, in questo caso il Napoli?
«Vendere sogni, sono colui che ha ovviamente l’onere e l’onore di essere responsabile per tutte le fonti di fatturato del club, che fondamentalmente sono la parte sponsorship, la parte merchandising, parte ticketing, supportate ovviamente da tutto quello che è la parte marketing».
Quali sono le tue strategie per il team aziendale della società?
«Sono al Napoli da gennaio 2022, questi primi anni sono serviti a dare una struttura e anche una forte identità a quel che oggi è il brand Napoli sia sui mercati nazionali sia sui mercati internazionali. La nuova fase sarà quella della contaminazione fra le aree, per dare sempre di più strumenti di ingaggio (nel senso di engagement, ndr) ai nostri tifosi: ovviamente il Napoli ha una segmentazione di fan in tutto il mondo, quindi noi oggi siamo chiamati a dotarli di strumenti di connessione giornaliera con il club».
Mi ha colpito questa tua frase: “finora ho fatto marketing semplice o meglio internazionalizzazione semplice” e dopo hai detto “adesso è il momento di farlo in maniera seria”. In che modo ti poni l’obiettivo di realizzare un’internazionalizzazione più seria?
Bianchini: «Sicuramente fino ad oggi abbiamo lanciato due filoni: “da Napoli verso il mondo” e “orgogliosi di essere Napoli”, in cui sostanzialmente quello che abbiamo fatto è porci quale un ponte fra la città di Napoli e tutto il resto del mondo, in cui abitano milioni di fan del club, quindi questa prima fase è stata più che altro una fase di raccolta di dati, di informazioni, e per farli risentire a casa. Il nostro obiettivo è stato questo: ora si apre la seconda fase, che invece è quella di andare a casa loro. Ovviamente se in questa prima ondata ci siamo concentrati sia su uno storytelling di brand sia poi sul coinvolgimento di marche internazionali che hanno sposato questo storytelling, ultimo fra tutti Coca-Cola, oggi è il momento invece di entrare nei mercati target con progetti anche fisici e concreti. Penso alle Academies, penso alle leggende, penso ovviamente ad aprire anche touch point fisici per entrare poi in contatto con i mercati più di interesse per noi».
Quindi lo scopo è sempre il mondo in generale.
Bianchini: «La casa del Napoli è il mondo, perché i napoletani sono in tutto il mondo. Prima hanno vissuto 33 anni di attesa di questo scudetto che poi finalmente è arrivato nel maggio del 2023, noi abbiamo avuto il supporto, che abbiamo ancora oggi, perché quando parli di Napoli all’estero il primo nome che fanno tutti ovviamente è quello di Diego Armando Maradona, il più grande giocatore della storia dello sport probabilmente, del calcio sicuramente, e noi abbiamo avuto il vantaggio di avere questa legacy che ci ha dato appunto D10s. Oggi stiamo aggiungendo altri elementi che fanno sì che, partendo ovviamente da quel concetto che resterà per sempre comunque alla base del ricordo, di quello che il Napoli è stato, per oggi c’è un presente che parla di Napoli inserito dentro la città di Napoli sempre di più».
Se dovessi prendere le redini in mano di un club di Serie A e gestire i ricavi, quali sarebbero le tre mosse strategiche che faresti subito.
«Mi è capitato già diverse volte di fare questa cosa, diciamo che torno un po’ indietro nel tempo: sicuramente la prima cosa che va fatta sempre è studiare l’ambiente in cui sei arrivato, l’analisi dello studio dell’ambiente in cui ti trovi è fondamentale, e farlo assolutamente senza pregiudizi. Parlo di ambiente lavorativo, proprio il gruppo di lavoro che hai, perché comunque il fattore umano per me resta la base di ogni successo: senza un gruppo di colleghi io non avrei mai fatto quello che in questi anni comunque è stato raggiunto, quindi questo è il primo punto. Ma poi anche quello che è l’intorno, l’ambiente, la città, il territorio, le aziende che già fanno parte di quello che hai. Spesso è facile azzerare tutto, in realtà è giusto partire da quanto di buono fatto in precedenza, che è quello che noi qui abbiamo fatto. Il terzo punto è: io ho una formazione di tipo strategico, ho lavorato di consenso strategico quando lavoravo nel mondo vero, come lo chiamo io. Sicuramente partire da un piano strategico, almeno di tre o cinque anni, per me è fondamentale, per darsi proprio degli obiettivi no? Quando si lavora per obiettivi il gruppo di lavoro sa cosa deve fare, perché vede una fine. Quando vivi un po’ troppo la giornata ovviamente il rischio è che poi perdi un po’ il focus su quello che che è l’obiettivo finale».
Facciamo un attimo un passo indietro. Prima hai parlato appunto dei tifosi, la soddisfazione degli stakeholder e soprattutto dei tifosi.
Bianchini: «Assolutamente il tifoso è quello a cui ogni cosa tende no? Noi qualsiasi cosa facciamo va sempre fatto nel vantaggio e nel rispetto del tifoso. Voglio raccontarti questo aneddoto: noi stavamo in chiusura con Upbit, che poi è stato sponsor di maglia back shirt per due stagioni fra cui quella dello scudetto, quindi è in quella maglia storica. Vennero per trattare i diritti di immagini individuali di Kim, poi in quei due giorni in cui li abbiamo rapiti e in cui sono stati a Napoli, siamo andati anche da Ciro Oliva fra l’altro, e loro hanno vissuto un’esperienza talmente forte, totalizzante, che poi si sono spostati da dire “Ma perché dobbiamo sponsorizzare soltanto Kim?” a “sponsorizziamo il Napoli e mettiamo Kim al centro dell’esperienza Napoli”, e questo hanno fatto, ed è stata una sponsorizzazione di successo sia per noi che per loro, nata proprio però sulle aree dell’entusiasmo del tifo napoletano».
Hai parlato di placement, viene anche spontaneo chiederti la quota rosa all’interno delle società sportive, nell’ambito dello sport. Cosa ne pensi a riguardo, credi che siamo ancora nella fase embrionale?
Bianchini: «Penso che quando c’è intelligenza, brillantezza e competenza, uomo o donna non fa assolutamente alcuna differenza. Ovviamente la difficoltà è stata ed è nella parte più sportiva, perché comunque nella parte aziendale ormai c’è una commistione assoluta: ci sono tantissimi dirigenti donne, come giusto che sia. Diciamo che è stata sdoganata, giustamente perché siamo nel 2025, ci mancherebbe altro. La parte sportiva oggettivamente resta appannaggio degli uomini, ma non tanto per un discorso uomo o donna, ma per un discorso che è terreno di ex giocatori quasi sempre. Ci sono delle ex calciatrici che adesso si stanno affacciando, secondo me là ci vorrà sinceramente un po’ più di tempo, anche se abbiamo avuto esperienze di Ceo donne come Lina Souloukou alla Roma, che era il vertice aziendale, ed era a capo anche della parte sportiva. Però sono sempre ruoli che mischiano parte aziendale e parte sportiva, ruoli prettamente sportivi diciamo che forse è un po’ presto, però noi abbiamo una collega che si è appena diplomata in direzione sportiva, che viene dalla parte marketing e che era interessata alla parte sportiva: ha fatto il corso, è stata una dei migliori: voglio dire, ci sono casi sicuramente di donne che hanno voglia anche di andarsi a cimentare. Sicuramente c’è questo retaggio ma non solo italiano, perché poi in tutto il mondo, anche gli altri sport, l’atleta professionista prima era soltanto uomo, ora il mondo delle donne si è aperto al professionismo. Magari fra 10 anni 20 anni, quando loro smetteranno, saranno magari più pronte poi per entrare in un mondo sportivo».
Tre consigli che vuoi dare ai giovani.
«Il primo è sicuramente quello di continuare a formarsi, qui lo state facendo nel modo giusto perché, come ho raccontato prima, la formazione è sicuramente il primo passo: il ritiro estivo che serve a tutti quanti voi per poi affrontare la stagione della vita che che vi aspetta, che è quella del lavoro quindi quella un po’ più complicata. Il secondo è la curiosità, serve assolutamente essere molto pronti vispi, attivi e curiosi su tutto quello che è il mondo che vi interessa, se fosse il mondo dello sport andate a partecipare a eventi, a conferenze, e continuate a formarvi su questo mondo qui. Il terzo, che è più importante, è imparare il metodo di lavoro, perché quello che poi si aspetta un manager quando assume è di avere persone che sanno lavorare poi quello che devono fare: si può anche imparare, ma l’approccio è quello che sicuramente io, personalmente, guardo di più quando faccio dei colloqui per delle selezioni».