La partita inaugurale del Mondiale per Club è fonte di molteplici emicranie per Infantino (Guardian)

La sera della gara inaugurale ci sarà una cerimonia blindata contro la politica migratoria americana, Infantino aveva detto "l'inizio di una nuova era" ma forse intendeva qualcos'altro

Mondiale per club Infantino Fifa

President of FIFA Gianni Infantino participates in the 2025 FIFA Club World Cup Draw ceremony in Miami on December 5, 2024. (Photo by Giorgio VIERA / AFP)

L’avvio del Mondiale per Club negli Stati Uniti doveva e dovrebbe segnare “l’inizio di una nuova era”, come recita lo slogan ufficiale della Fifa. E in effetti, di nuovo c’è molto — ma non nel senso auspicato da Gianni Infantino. Mentre il presidente dell’organo massimo del calcio mondiale si prepara a un’apoteosi mediatica all’Hard Rock Stadium di Miami, fuori dal campo si consuma uno spettacolo ben più inquietante: quello di una Fifa che si lascia trascinare, senza troppi scrupoli, nel campo minato della politica migratoria americana. Ne parla ampiamente il The Guardian.

La paura dei Raid getta ombre sugli inizi del Mondiale per Club negli Usa (Guardian)

A mettere il primo piede nel terreno scivoloso della polemica è stato proprio l’artista scelto per aprire il torneo: French Montana, rapper nato in Marocco e cresciuto nel Bronx, da tempo voce critica contro le deportazioni indiscriminate operate dalle amministrazioni statunitensi. «Non rispetto affatto qualcuno come Trump che deporta così tante persone», aveva dichiarato. E ancora: «Questo Paese è stato costruito sugli immigrati. Nessuno è di qui.»

Che sia proprio lui a rappresentare l’immagine della Fifa nel debutto americano non è solo ironico: è tragicamente emblematico. Lo spiega il quotidiano inglese. Perché, mentre la Federazione Internazionale tenta di raccontarsi come inclusiva e globale, accade che alle partite del torneo partecipino direttamente agenti dell’Immigration and Customs Enforcement (Ice) e della Customs and Border Protection (Cbp), le due agenzie al centro delle campagne di repressione dei migranti clandestini volute da Trump. Altro che accoglienza.

In particolare: 

“Negli ultimi mesi, la Cbp ha promosso apertamente il suo ruolo nel torneo Fifa con l’hashtag #CbpxFifa. La situazione è giunta al culmine questa settimana, quando ha dovuto cancellare un post su Facebook in cui si affermava che i suoi agenti sarebbero stati “in divisa e pronti a garantire la sicurezza per il primo turno di partite. […] Questa settimana è stato chiesto a Infantino della presenza delle agenzie per l’immigrazione alla festa di lancio della FIFA. La sua risposta è stata come al solito vaga, concentrandosi invece sulle questioni di sicurezza. Ma a Miami c’è preoccupazione su questo fronte, alimentata dal caos della finale di Copa América 2024 tra Argentina e Colombia, disputata nello stesso stadio lo scorso anno, che ha portato ad arresti, transenne montate in fretta e furia e a un rinvio di un’ora del calcio d’inizio”.

Nel frattempo, Trump — assente al match inaugurale, impegnato a Washington con la sua parata militare — ha dato un’ulteriore spallata alla già fragile cornice del torneo ordinando l’espulsione immediata di circa mezzo milione di migranti regolari (cubani, haitiani, nicaraguensi e venezuelani) ancora in attesa dello status definitivo. Il paradosso, anche stavolta, è servito: mentre la Fifa celebra il multiculturalismo e la fratellanza tra popoli, intere comunità vengono rispedite oltre confine senza appello.

Continua il quotidiano:

“La partita inaugurale di sabato  è ora fonte di molteplici emicranie per Infantino. Trump sarà assente, costretto invece a supervisionare la sua Grande Parata Militare a Washington. […] La partita coincide anche con una giornata di proteste anti-Trump a livello nazionale . Definite come il movimento “No Kings”, un monito contro l’esercizio eccessivo del potere esecutivo nel primo anno del secondo mandato di Trump, le proteste si confonderanno naturalmente con i disordini per le azioni di Ice e Cbp”.

Il quadro che si delinea è surreale. Da un lato, una cerimonia blindata, attraversata da proteste (come il movimento “No Kings”, contro l’abuso del potere esecutivo da parte di Trump) e da allarmi per possibili incidenti. Dall’altro, un torneo che dovrebbe unire, ma che oggi sembra fin troppo funzionale a chi divide. La Coppa del Mondo per Club è solo un antipasto: tra un anno ci sarà il mondiale a tre — Stati Uniti, Canada e Messico — e la domanda, a questo punto, non è solo organizzativa, ma morale. Qual è il prezzo da pagare per far giocare il calcio nei teatri del potere? La parola a Infantino. Possibilmente senza slogan.

 

 

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