«Mio padre Luigi Necco. Quando morì, la gente comune diceva: “e adesso chi pensa a noi?”»

La figlia Alessandra al Corsera: «È stato un papà assente ma ho capito dopo il suo insegnamento sulla libertà. È morto da solo in ospedale, non voleva visite»

Napoli risponde Luigi Necco

«Mio padre Luigi Necco, papà assente ma ho capito dopo il suo insegnamento sulla libertà»

Il Corriere della Sera, con Monica Scozzafava, intervista Alessandra Necco figlio di Luigi indimenticata e indimenticabile giornalista anche (ma non solo) sportivo.

Scrive Scozzafava:

Telecronista sportivo e tifoso del Napoli, volto del 90° Minuto di Paolo Valenti, appassionato di archeologia: chi era veramente l’uomo della porta accanto, orgoglioso figlio del Sud, vittima dei tormenti della sua infanzia? Era il figlio di un antifascista tenuto in carcere per lunghi periodi, a Gigi, bambino, era stata negata anche la scuola. Otto fratelli, una vita complicata, ma lo sguardo sempre positivo sul mondo.

«Napoli chiama, Milano risponde», la sua frase è diventata leggenda nel raccontare in Rai il duello a distanza fra Van Basten e Maradona. Chi era suo padre, Alessandra?
«Un uomo esagerato, a volte prepotente. Generoso ma assente. Il lavoro ha riempito la sua vita. Dedito alla gente comune, troppo. Per me diventava imbarazzante. Quando è morto ho sentito dire: “e adesso chi pensa a noi”? Per tutte le volte che, io adolescente, mi sono chiesta dove fosse papà, quanto mi mancasse».

L’ultimo ricordo che ha si lui?
«In ospedale, sta male, è attaccato alla macchina dell’ossigeno. Mi guarda con i suoi occhioni chiari, dice: “sai Alessandra, mi è piaciuto avere una figlia come te”. È stato il suo modo per dirmi quanto mi avesse voluta bene, anche a distanza. Stava morendo». 

E lei?
«Piansi. Cominciai a pregare, lui mi fece cenno con la mano di smettere. “Lascia stare queste cose, voglio la musica”.

«Si nascondeva, voleva che le persone lo immaginassero col sorriso, lo ricordassero così. È morto da solo».

Cioè?
«Alla fine non ha voluto nessuno con lui in ospedale, diceva di no a tutte le visite».

Luigi Necco e il calcio

Il calcio, il Napoli e… Maradona.
«Il suo bellissimo mondo, si sentiva realizzato fra la gente, i ragazzini, gli scugnizzi. I suoi collegamenti erano sempre per strada. Con mamma lo guardavamo in tv, ci faceva ridere. Mamma non è riuscita ad avere una vita personale che non contemplasse lui. Insegnava e dopo la scuola era a casa da me. Gli è stata devota fino alla fine».

Mai con lui allo stadio?
«Certo, ma durante la partita mi lasciava in un gabbiotto sopra le tribune con un operatore Rai, poi quando aveva finito tornava a riprendermi. Doveva sentirsi libero. Il senso l’ho capito dopo ed è stato un insegnamento».

Cioè?
«Le scelte libere, la leggerezza esistenziale. Se mi piace una cosa la faccio, non so se domani sarà possibile. Ascolto ma decido io».

Il ricordo di Luigi Necco firmato Carlo Franco

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