La Serie A cambia allenatori come le maglie, essere tifosi del Napoli è una benedizione (So Foot)

L'incarico medio di un allenatore in Italia è di un anno e 27 giorni. La metà di quello di Liga, Bundesliga e Premier. E si "ricicciano" sempre gli stessi

Gasperini Serie A allenatori

Lazio's Italian coach Simone Inzaghi (R) and Atalanta's Italian coach Gian Piero Gasperini (C) pass each other on the pitch at the end of the Italian Serie A football match Lazio vs Atalanta on September 30, 2020 at the Olympic stadium in Rome. (Photo by Filippo MONTEFORTE / AFP)

La Serie A cambia allenatori come le maglie, essere tifosi del Napoli è una benedizione (So Foot)

In Italia, gli allenatori vanno e vengono“. Con una velocità che all’estero non hanno. Lo scrive So Foot, che in questi giorni si sta dedicando a sfottere un po’ il nostro calcio. La rivista francese fa un po’ di fenomenologia. “Ci sono due meccanismi distinti. Da un lato, quello ben oliato, attraente e basato sulla tradizione. Ranieri e Gasperini, arrivati ​​all’Atalanta nel 2016, sono tra questi. Come Simone Inzaghi, dopo due finali europee, nonostante la sua scelta di andare all’Al-Hilal. Dietro Diego Simeone, all’Atlético, e Frank Schmidt, all’Heidenheim dal 2007, il modello di stabilità è da accogliere con favore. Altri costituiscono i soliti giri di ruote: quelli dei club più grandi come la Juventus, che non ha ancora rinnovato Igor Tudor, e quelli dei club di media fascia. La Fiorentina si è liberata di Raffaele Palladino (in verità è Palladino che si è liberato dalla Fiorentina, ndr), il Torino dice addio a Vaniol e dà il benvenuto a Baroni, ex Lazio. Riuscite a serguirci? Anche il Cagliari sta cambiando, e Christian Chivu, arrivato al Parma a febbraio, viene annunciato dalla parte dell’Inter. La scorsa stagione, 13 delle 20 squadre avevano già nominato un nuovo allenatore durante la pausa stagionale”.

“In questo contesto, essere tifoso di Como, Bologna o Napoli è una benedizione”, continua So Foot. Per la conferma di Fàbregas, Italiano e Conte. Il campionato italiano cambia allenatori come le maglie. Al 15 aprile, secondo il Cies, l’incarico medio di un allenatore di Serie A è di un anno e 27 giorni. È la metà di quello di Liga, Bundesliga e Premier League, i campionati al mondo che risparmiano più allenatori, insieme a Uzbekistan e Azerbaigian.

“Gli italiani non hanno la ricetta per la longevità. Peggio ancora, danno l’impressione di girare in tondo, riciclando vecchi motori: il Milan tornerà a dare fiducia a Max Allegri dopo i fallimenti di Paulo Fonseca e Sérgio Conceição in questa stagione. La Lazio, dal canto suo, richiama Maurizio Sarri, secondo in Serie A nel 2023, mentre Antonio Conte ha appena dimostrato ancora una volta che le buone vecchie ricette a volte sono quelle giuste. Piacevole, ma non proprio entusiasmante”.

E i nuovi? Dove stanno i nuovi? “Dove sono Roberto De Zerbi, Francesco Farioli e tutta la nuova generazione? La mancanza di un bacino di talenti nella formazione italiana preoccupa anche gli allenatori. Alessio Dionisi, che ha arrancato al Sassuolo la scorsa stagione, ha solo 45 anni, ma incarna già questo fallimento”.

“Mentre Roberto Mancini, Stefano Pioli e Simone Inzaghi adorano il Golfo e Carlo Ancelotti cerca di far rivivere il Brasile, l’Italia ha fallito con la generazione del 2006. Andrea Pirlo, Daniele De Rossi, Fabio Cannavaro e Alberto Gilardino non hanno una squadra. Gennaro Gattuso non ha nemmeno vinto il campionato croato con lo Spalato. Dopo diversi fallimenti, Fabio Grosso torna in Serie A con il Sassuolo”.

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