Luis Enrique l’hombre vertical deriso a Roma come a Parigi. Disse: “senza Mbappé saremo più forti”
El Paìs ricorda Roma che derideva er progetto. Mandò in panchina persino Messi, figuriamoci Totti. Ai romanisti dedicò la prima Champions

Paris Saint-Germain's Spanish headcoach Luis Enrique looks on from the technical area during the UEFA Champions League semi-final second leg football match between Paris Saint-Germain (PSG) and Borussia Dortmund, at the Parc des Princes stadium in Paris on May 7, 2024. (Photo by Odd ANDERSEN / AFP)
A Roma Luis Enrique era conosciuto come l’Hombre Vertical. Per la sua resistenza alla forza di gravità e al peso della logica sportiva. Al clientelismo, alle concessioni negli schieramenti, alle manovre politiche in area di rigore. E anche a qualsiasi elemento che cercasse di sottometterlo. E ce n’erano molti”. Ovviamente è Roma che ha resistito poco, e lui è andato a vincere altrove.
Racconta Daniel Verdù sul Paìs:
Senza aver mai allenato una squadra nella massima serie, ricevette una chiamata da Franco Baldini allora direttore sportivo della Roma, per arruolarlo in un progetto — “er progetto”, sfottevano i romanisti — che avrebbe evitato la decomposizione di una squadra con stelle in netto declino.
“Fino a sabato sera – scrive El Paìs – nessuno era mai riuscito a decifrare Luis Enrique. Nemmeno in Nazionale dove la Federazione
non ha avuto né la pazienza né il coraggio di difenderlo e sopportare le pressioni contro il suo allenatore che ha deciso di non chiamare certi giocatori per iniziare un rinnovamento della squadra i cui frutti, in larga misura, sono stati raccolti dai suoi successori. E nemmeno in Italia. Nessuno ha mai decifrato né lui né il suo gioco che ha finito per segnare uno storico cambio di stile nel calcio.
Luis Enrique mandò in panchina persino Messi
Ricorda El Paìs:
Luis Enrique perse con la Roma la prima partita ufficiale contro lo Slovan Bratislava in Europa League. E al ritorno, proprio quando aveva bisogno di gol e di una buona dose di magia, mandò in panchina Totti ancora un idolo supremo che era più potente del presidente. Era un avvertimento di quello che avrebbe fatto un anno dopo a Anoeta con Messi (lo mandò in panchina contro l’Atletico Madrid, ndr). Di quello che avrebbe fatto con tutte le star che non volevano mettersi al servizio dell’idea. “L’anno prossimo saremo più forti senza Mbappé”, disse al Psg quando l’attaccante firmò per il Real Madrid. Al club, hanno confessato la scorsa settimana, inarcarono le sopracciglia e rimasero in silenzio rassegnati. Lui disse: “staremo meglio perché il fatto di avere un giocatore che si muove dove vuole implica situazioni di gioco che non controllo. L’anno prossimo li controllerò tutti, tutti… senza eccezioni”». Con questa frase concluse il suo documentario profetico.
Conclude El Paìs:
“Quando Luis Enrique lasciò la Roma dopo la sua prima stagione, nonostante tutte le difficoltà incontrate, lo fece con la convinzione di aver fatto il meglio per la squadra, il club e i giocatori. I risultati non furono a lui favorevoli. Ma come disse una volta Messi, indicandolo come il miglior allenatore che avesse mai avuto insieme a Guardiola, anche Totti e De Rossi ebbero solo parole di elogio al momento dell’addio. Luis Enrique non parlò mai più di quel periodo. Un fallimento, si potrebbe pensare, vista la grande opportunità che aveva avuto. Due anni dopo, quando vinse la Champions League con il Barcellona contro la Juventus, la dedicò a tutti i tifosi della Roma. Non li aveva dimenticati”.