Bublik: «Senza pressione, non c’è sport professionistico. Se non senti la pressione, devi ritirarti»
Reduce dal trionfo ad Halle: «Se fossi uscito dalla top 100, avrei pensato di smettere di giocare per qualche mese»

Kazakhstan's Alexander Bublik celebrates after winning his men's singles match against Britain's Jack Draper on day 9 of the French Open tennis tournament on Court Suzanne-Lenglen at the Roland-Garros Complex in Paris on June 2, 2025. (Photo by Dimitar DILKOFF / AFP)
Dopo aver inanellato gli scalpi dei vari Muller, Sinner, Machac e Khachanov, Alex Bublik si è aggiudicato il titolo all’Atp 500 di Halle superando in finale Daniil Medvedev. Il 28enne kazako si è imposto col punteggio di 6-3, 7-6(4) maturato in meno di un’ora e mezza (1 h e 23 minuti), tempo durante il quale ha dato conferma di essere in uno stato psico-fisico mai vissuto in carriera.
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Una carriera, la sua, che finora aveva viaggiato sulle montagne russe proprio a causa di grosse difficoltà dal punto di vista mentale (fattore di estrema importanza nel tennis) e di comportamenti sopra le righe. Adesso, però, la svolta sembrerebbe essere arrivata. Ne ha parlato il diretto interessato a margine del trionfo, con la sua consueta sincerità che lo ha reso uno dei personaggi più amati tra i tifosi.
Le parole di Alex Bublik
«Chiunque segua la mia carriera saprà che ho ottenuto scarsi risultati da Wimbledon 2024. Sono sceso significativamente in classifica e non capivo perché stessi giocando così male, il mio allenatore mi ha consigliato di essere professionale e giocare almeno fino a questo Wimbledon», ha esordito il kazako.
«Se fossi uscito dalla top 100, avrei pensato di smettere di giocare a tennis per qualche mese. La verità è che i quarti di finale al Roland Garros e il titolo qui ad Halle rappresentano qualcosa che non rientrava nemmeno nelle mie più alte aspettative. Questa è una grande rinascita per la mia carriera», ha aggiunto.
Bublik ha poi sottolineato: «A volte dimentichiamo che, dopotutto, questo è un gioco, anche per giocatori con il mio stile. Si può essere più o meno professionisti, ma è importante sapere che questo è davvero un gioco, non un lavoro. Questo è uno sport, intrattenimento per la gente, e sì, è difficile e richiede molto impegno, ma alla fine è solo un gioco, e bisogna ricordarselo. Nonostante questo, a volte è molto bello e altre volte è molto devastante».
Il passaggio sulla pressione: «Sto affrontando questo lavoro con impegno. Tutto sta migliorando. Non è vero che non sento pressione. Quando un atleta smette di sentire pressione, è in quel momento che dovrebbe ritirarsi. Quando vediamo i grandi come i Big 3, Alcaraz o Sinner, non lo mostrano al pubblico e mantengono il loro livello. Coloro che non sentono pressione potrebbero andare a giocare nel loro giardino di casa, perché non proverebbero nulla, che vincano o perdano, e lo sport professionistico perderebbe il suo significato».