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Vieira: «Col Napoli una partita bellissima da vivere, qui usiamo il “noi” e non l'”io”»

A La Gazzetta dello Sport: «A Genova sto benissimo, ho subito pensato a salvare la squadra e a farla giocare con intensità. Vorremmo tutti essere il City o il Barcellona, ma bisogna saper analizzare»

Vieira: «Col Napoli una partita bellissima da vivere, qui usiamo il “noi” e non l'”io”»
Mg Genova 24/11/2024 - campionato di calcio serie A / Genoa-Cagliari / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Patrick Vieira

Patrick Vieira è stato raggiunto dai microfoni de La Gazzetta dello Sport, che oggi ha pubblicato le sue parole sulle proprie colonne nell’ediziona cartacea quotidiana. L’allenatore del Genoa ed ex calciatore di Juve e Inter ha citato anche la partita che si giocherà domenica sera contro il Napoli di Conte. Di seguito un estratto dell’intervista.

Vieira: «Contro il Napoli una partita bellissima da vivere»

Lunedì scorso contro il Milan avete disputato i migliori settanta minuti del vostro campionato.
«Non mi ha soddisfatto il risultato e la notte dopo la partita è stata dura, ma il gioco sì, quello mi è piaciuto. Il Genoa ha mostrato di avere doti importanti, una personalità e un’organizzazione chiara, valori non negoziabili che fanno parte del dna di club e tifoseria.»

Eppure di lei dicevano: Vieira difensivista…
«Io dovevo pensare al modo di salvare la squadra. Non facevamo tanti gol, ma bisognava chiedersi perché. Togliete Leao e Gimenez al Milan, o tutti i giocatori offensivi dell’Inter e cambia tutto. Da qui nasce l’orgoglio per la mia squadra. Tutti vorremmo essere come il City o il Barcellona, però dobbiamo analizzare bene la squadra. Il ruolo di un tecnico è tirare fuori il massimo, rispettando il dna del Genoa, diverso da quello del Barcellona.»

Cosa intende?
«Semplice: qui devi giocare con intensità, e se sbagli un pallone, stai certo che la gente continuerà a sostenerti. Perché piacciono Masini, Frendrup, Vasquez? Perché giocano con il cuore. Chi verrà al Genoa in futuro deve avere questo dna. Su tutto il resto, poi, si può lavorare. Ovvio, mi piacerebbe segnare sempre quattro gol a partita, ma qui è diverso. Il mio dna è identico a quello del club, mai in passato avevo trovato un’identità così simile con la mia squadra come è accaduto stavolta. Qui uso il “noi”, non l’“io”. E, ripeto, quando sento dire che segniamo poco, bisogna ricordarsi che ci siamo salvati, ma non era così sicuro. Sempre uniti, anche nelle difficoltà.»

Velasco sostiene che in Italia ci sia sfiducia nei giovani. Lei va controcorrente.
«Il mio percorso racconta che ho sempre lavorato con i giovani. A Nizza, al Crystal Palace, che era una delle squadre più vecchie della Premier, allo Strasburgo. Ovunque ho messo dentro giovani. Ma attenzione: i giovani devono poter sbagliare e la società deve essere consapevole che dando loro l’opportunità di giocare puoi anche perdere una partita. È un lavoro di anni, ma se lo accettiamo, si può fare. Penso a Venturino, a Ekhator, a uno come Masini che è bravissimo. Perché non dovrebbe giocare? A me questo non fa paura. L’equilibrio fra giovani ed esperti, però, è fondamentale. Ma di questo parleremo più avanti con il presidente, Blazquez e Ottolini. Ora voglio finire bene il campionato e penso al Napoli, una partita bellissima da vivere.»

Dopo la capolista, avrete Atalanta e Bologna. Possono essere un modello per il Genoa a livello di gestione dei giovani?
«Io credo moltissimo alla stabilità, il primo passo verso il successo. Bologna e Atalanta sono anni davanti a noi a livello societario. Il Genoa è all’inizio di questo percorso, difficile fare paragoni oggi.»

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