Alla Gazzetta: «Avrei voluto diventare maestro di tennis, ci sapevo fare. Da ragazzo correvo forte anche in bicicletta. Ho giocato a baseball, sono fortissimo a ping pong, scio bene, in America ho provato persino l’hockey. Il golf l’ho scoperto tardi»

Massimo Bonini, mediano della Juve, ex numero 4, oggi ha 65 anni e si gode la gestione oculata di quanto guadagnato in 20 anni di calcio: «A fine carriera ho investito i soldi nel mattone, ora gestisco il mio capitale».
In 7 stagioni alla Juventus (1981-1988) 296 presenze e 6 gol, 3 scudetti, la Coppa dei Campioni, l’Intercontinentale, la Coppa delle Coppe, la Supercoppa Europea e la Coppa Italia: i migliori anni della sua vita. Alla Gazzetta dello Sport racconta di Platini:
«Il più fenomenale campione con cui ho giocato. Era un’enciclopedia del calcio, di un’intelligenza spaventosa: aveva tutta la partita in testa. Era un 10, ma segnava come un centravanti, avrebbe potuto giocare anche libero. Una soddisfazione però me la toglievo… Giocavamo spesso a tennis: ero più bravo io. Michel non aveva grande stile, era un pallettaro».
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Lo sanno in pochi, ma lei è uno sportivo a 360°.
«Avrei voluto diventare maestro di tennis, ci sapevo fare. Da ragazzo correvo forte anche in bicicletta, ma andavo alle gare solo perché il meccanico per premio ce le riverniciava. Ho giocato a baseball, sono fortissimo a ping pong, scio bene, in America ho provato persino l’hockey. Il golf l’ho scoperto tardi, grazie a Beppe Incocciati, ai tempi in cui giocavo nel Bologna. Lo accompagnavo, gli facevo da caddy, ma lo trovavo uno sport noiosissimo, pensavo: ma che roba è? Poi invece mi sono appassionato: ho 11 di handicap».
Sempre di corsa, come in campo.
«Certo, ma specifichiamo. Per giocare a calcio non bisogna correre, bisogna muoversi. È una cosa diversa, se corri e basta e corri male metti in difficoltà la squadra. Ero un mediano e il mediano è il batterista dell’orchestra, deve dare il ritmo e mettere i compagni nella condizione di fare la differenza».
«Quando veniva a farci visita Gianni Agnelli, il Trap radunava la squadra e andavamo tutti sul pratone ad aspettare che l’elicottero atterrasse. Dunque: un giorno Agnelli arriva e Platini, bello tranquillo, sta finendo una sigaretta. L’Avvocato, sorpreso, gli si avvicina e gli fa: “Michel, ma lei fuma?”. E Platini risponde: “L’importante è che non fumi Bonini”. (Ride) Sottinteso: che deve correre per me».