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Glasner: «I soldi non comprano tutto, il bello del calcio è lo stipendio emozionale»

Il tecnico-guru del miracolo Eintracht (ora al Palace): “Mi piacciono i giovani che mettono in discussione l’allenatore. Non voglio vivere con paura. Se hai paura di cadere, cadrai”

Glasner: «I soldi non comprano tutto, il bello del calcio è lo stipendio emozionale»
Helsinki (Finlandia) 10/08/2022 - Supercoppa Europea / Real Madrid-Eintracht Francoforte / foto Image Sport nella foto: Olivier Glassner

Se dicessi a un diciassettenne dell’accademia, ‘Fai una verticale di 30 minuti, ti fa bene’, lui lo farebbe. Io da adolescente gli avrei chiesto perché. Mi piacerebbe che qualcuno me lo chiedesse ora. Mi aspetto che lo facciano. Va bene chiedere, ‘Perché vuoi che io faccia questo?’. Non voglio che i giocatori facciano le cose perché glielo diciamo noi. Dovrebbero farle perché ne vedono il beneficio. Non è come se fossimo nell’esercito. Dobbiamo convincerli“. E infatti Oliver Glasner racconta sempre che da adolescente fu scelto per rappresentare l’Austria Under-15. All’epoca giocava nella squadra del suo paese, il Riedau, un puntino sulla mappa a ovest di Linz. “L’allenatore mi disse: ‘Oliver, devi andare in un club più grande. Non posso invitarti se giochi per un piccolo paese’. Io dissi: ‘Ok, allora non invitarmi'”.

Quella è stata la sua ultima presenza con una nazionale austriaca, a qualsiasi livello. Ma dopo ha giocato più di 500 partite come difensore centrale per l’Sv Ried fino a quando, a 37 anni, un’emorragia cerebrale ha posto fine alla sua carriera di calciatore. La sua carriera da allenatore è stata invece meteoritica: ha lasciato il Ried dopo una stagione per allenare il Lask Linz, poi il Wolfsburg, e poi all’Eintracht, dove ha vinto l’Europa League. Ora è in Premier League, al Palace. Ed è un allenatore-filosofo. Certamente un gran personaggio.

Non voglio sempre preoccuparmi e vivere nella pauradice al TelegraphSe hai paura di cadere, allora cadrai. Quando abbiamo vinto l’Europa League non eravamo migliori del Barcellona, ​​ma avevamo una tale convinzione. Ognuno di noi credeva di poter vincere la partita. E poi è successo. Questo è il più grande successo che puoi avere, non solo nel calcio. Se credi in te stesso, non significa che ce la farai. Puoi perdere una partita. Ma quando scendiamo in campo voglio che diciamo: “Siamo qui per vincere la partita”. È così che voglio vivere la mia vita. Perché la vita è molto meglio così. Si tratta di avere una bella vita. Non si tratta di potermi permettere tutto ciò che voglio. Una bella vita è avere una bella sensazione, vedere i tuoi figli crescere. Questo è vivere”.

Lui lo chiama “stipendio emozionale”: “Non puoi comprare i rapporti con i giocatori. O la sensazione dopo aver vinto ad Anfield. O la sensazione dopo aver vinto un trofeo. Puoi avere miliardi di sterline, ma questo, questo stipendio emozionale, te lo devi meritare. Questa è la sensazione migliore che puoi provare nel calcio”.

Glasner fa l’allenatore come fa il padre, dice. “Tutti devono identificarsi con ciò che stanno facendo. E tu devi identificarti con il tuo dipendente. Se un giocatore crede che sia il club sbagliato, allora dobbiamo dimostrargli che è il miglior club in quella fase della sua carriera. E se non lo è, come Michael Olise, allora dobbiamo essere onesti. Anche il presidente (Steve Parish) ha detto che è fantastico venderne uno al Bayern Monaco. Vogliono vincere la Champions League. Non possiamo dire a Michael, ‘Ok, vinceremo la Champions League’. Lui ha l’opportunità. Congratulazioni. Situazione win-win”.

“Il mio lavoro è trovare la posizione in cui un giocatore può mostrare i suoi punti di forza. Lì possiamo vedere il miglior Eze, il miglior Marc Guehi, il miglior Adam Wharton, il miglior Tyrick Mitchell e tutti gli altri. Questo è ciò che mostriamo loro. Se siamo convinti che non vada bene, troveremo una soluzione. Se sentiamo che va bene per come giochiamo con tutti i tuoi punti di forza e qualità, accettiamo anche le tue debolezze”.

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