Il mea culpa di Savelli che accusa i media di dare risalto al mercato degli stranieri, subito dopo aver criticato la disfatta dell’Italia agli Europei per mancanza di stelle italiane

“Una volta uscita l’Italia dagli Europei, il calciomercato è tornato a popolare le prime pagine dei quotidiani sportivi nazionali. È uno dei motivi per cui non cresciamo mai” scrive Claudio Savelli sulla prima pagine di Libero oggi. E non solo, l’aggravante sarebbe che, mentre i nomi del mercato italiani vengono relegati in secondo piano, in prima pagina ci finisco quelli stranieri, come Kim e Lukaku: “Non solo: i nomi strillati a caratteri cubitali sono tutti stranieri. Il Napoli prende Buongiorno spendendo fior di milioni? Relegato in qualche angolo remoto. La Roma desidera ardentemente Chiesa? Per rendersene conto bisogna sfogliare almeno dieci pagine”.
La vergogna del calciomercato che parla solo di Lukaku e Kim
Parte dunque il mea culpa di Savelli che accusa i media di dare risalto al mercato degli stranieri, subito dopo aver criticato la disfatta dell‘Italia agli Europei per mancanza di stelle italiane
“Non è vero che non c’è interesse verso i giocatori italiani, è che viene sacrificato rispetto a quello (presunto) verso gli stranieri. A livello mediatico spingiamo la stessa cosa che critichiamo subito dopo i fallimenti della Nazionale. Poi magari puntiamo il dito contro i club che sono zeppi di stranieri nelle giovanili, dimenticando che i club stessi sono aziende private che giustamente fanno i loro interessi, mica quelli di un movimento sportivo o di una Federazione. Siamo noi, noi media, semmai, a dover, a poter insistere. Due giorni di prime pagine al grido di «ci sono troppi stranieri nei campionati italiani» giusto perché andavano fatte e poi via a due mesi di calciomercato pro-straniero. Perché, non neghiamolo, il fatto che i giocatori dall’estero vogliano venire in Italia in fondo ci piace, ci lusinga, ci fa sentire importanti, così possiamo urlare al mondo che la serie A è di nuovo bella e competitiva, che i campioni scelgono noi, che chi se ne va altrove poi se ne pente, che qui si diventa forti perché nessuno insegna la tattica come noialtri, e chi se ne frega se gli stadi fanno pena”.