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L’esclusione Champions di Zielinski conferma che il Napoli è prigioniero dei rancori di De Laurentiis

Scelta autolesionistica che non danneggia il calciatore. Come per Demme. Un atteggiamento padronale che ha tenuto lontani Conte e Thiago Motta

L’esclusione Champions di Zielinski conferma che il Napoli è prigioniero dei rancori di De Laurentiis
Db Riyad (Arabia Saudita) 18/01/2024 - Supercoppa Italiana / Napoli-Fiorentina / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Aurelio De Laurentiis

L’esclusione Champions di Zielinski conferma che il Napoli è prigioniero dei rancori di De Laurentiis

Si può guidare un’azienda in base ai propri umori e rancori personali? È la domanda che sorge spontanea leggendo la lista Champions preparata dal Napoli. Che ha escluso Zielinski e Demme (entrambi in scadenza di contratto) oltre il nuovo acquisto Dendoncker che quindi è reputato superfluo persino dal club (a questo punto figurarsi da noi). Il Napoli affronterà la Champions con i centrocampisti contati: tre per la precisione. Si tratta di Lobotka, Anguissa e Cajuste. Bisogna sperare che nessuno si faccia male. Ai tre potrebbero essere aggiunti Traorè (il cui contributo è tutto da verificare dopo la malaria e che in due stagioni di Premier ha giocato meno di 500 minuti), Lindstrom che però non è mai stato impiegato in quel ruolo (pochissimo anche in altri, a dire il vero) e Raspadori che Garcia vedeva anche mezz’ala.

Spalletti chiamava De Laurentiis il sultano

Le scelte del club confermano che il Napoli è prigioniero degli umori del suo presidente non a caso in privato definito sultano da Luciano Spalletti. De Laurentiis ormai è entrato in una dimensione da cui temiamo non uscirà più. Non è solo questione di avere una visione proprietaria del club (ne è il proprietario) ma di considerarsi il responsabile di qualsiasi settore anche quello tecnico. È il punto dolente della vicenda: De Laurentiis non tornerà più indietro. Quelle fotografie di lui a bordo campo che sovrintendeva agli allenamenti di Garcia, hanno segnato uno spartiacque.

E se quest’atteggiamento padronale piace a una fetta della tifoseria, non altrettanto può dirsi degli addetti ai lavori. È quest’atteggiamento che ha tenuto Thiago Motta lontano dal Napoli dopo un corteggiamento estivo. È quest’atteggiamento che ha indotto Antonio Conte a non cedere alle lusinghe del signor Aurelio lo scorso autunno. Nell’ambiente calcio è chiaro a tutti che venire a Napoli significa essere a completa disposizione di De Laurentiis. Subalterni a lui. E non è vero che è stato sempre così. Prima a Napoli gli allenatori godevano di tanta libertà, secondo alcuni persino troppa. De Laurentiis seguiva ma da una distanza che adesso è scomparsa. Ora la sua è una presenza fissa, incombente. E invadente.

Un autolesionismo che sfocia nella stupidità

De Laurentiis è debordato. Un processo che è via via degenerato fino ad arrivare alle autolesionistiche scelte per la Champions. Zielinski non rinnova? E allora fuori dalla lista. Una decisione che ricorda la storiella del marito che per fare dispetto alla moglie si taglia il pisello. È una decisione esclusivamente figlia del rancore personale. Che non arreca alcun danno al calciatore polacco (che sta per firmare per l’Inter). Danneggia solo la squadra non soltanto per il valor del calciatore ma anche perché ha i centrocampisti contati. Come abbiamo già scritto è un comportamento che rientra e va persino oltre le leggi della stupidità di Carlo (Maria) Cipolla. Lo stesso discorso vale per Demme che il Napoli ha lasciato fuori sia dalla lista Champions sia da quella Serie A. Lo pagherà per senza niente. Il danno aziendale è accertato. Ma passa in secondo piano rispetto ai furori personali del presidente.

Resta un’ultima osservazione sul rispetto dei contratti. La scorsa estate De Laurentiis pensò di impartire una lezioncina a tutto il calcio italiano sul rispetto del contratto di Luciano Spalletti e su come si guida un’azienda. Ovviamente è finita con Spalletti in Nazionale (del risarcimento danni ancora non sappiamo nulla). Ma il punto è un altro. In quella occasione, non senza ragioni, De Laurentiis difese il rispetto dei contratti. Quando, però, a rispettarlo sono i calciatori che arrivano a scadenza, non va bene. Poiché vanno via a zero, e quindi il club non intasca nulla, vanno puniti e messi fuori rosa. Nell’illusione di arrecare loro un danno. Poi a Castel Volturno si offendono quando leggono l’associazione col Borgorosso Football Club. Ma il professionismo, come insegna Toto Wolff col suo discorso sull’addio di Hamilton, funziona diversamente.

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