A Marca: “Dopo aver perso in semifinale delle Atp Finals di Torino contro Djokovic ho pianto”

“Devo essere al top del mio gioco, in modo che Sinner non mi sorpassi”. Lo dice Carlos Alcaraz a Marca, prima di infortunarsi al torneo di Rio de Janeiro. E’ ormai chiaro che, al momento, il riferimento del tennis mondiale è l’italiano.
“Ho sempre detto che non esiste alcun segreto, in Sinner. Ha lavorato molto duramente e lo ha dimostrato. In ogni torneo è molto concentrato sulle cose che deve fare, è un gran lavoratore. Ne discuto molte volte con Juan Carlos (Ferrero, ndr) quando lo vediamo. Se lo paragono al Sinner di prima, è diventato più professionale. Prima lo era ma ora lo è ancora di più. Il lavoro quotidiano ripaga ed è quello che è successo con Jannik. E sono felice per lui e la sua squadra. Sento il suo fiato sul collo. Devo essere al massimo del mio gioco per cercare di non lasciarmi raggiungere, e per riconquistare il numero uno”.
Alcaraz e le sconfitte
Alcaraz parla delle sconfitte che gli hanno fatto più male, “come quelle di Zverev e Djokovic alle Atp Finals e l’ultima di Jarry a Buenos Aires. Dopo aver perso in semifinale delle Atp Finals di Torino contro Djokovic ho pianto”.
La filosofia di Sinner
“Ho tutto, non mi manca niente. Non sono mai stato in discoteca, non mi piace andare a dormire tardi. Preferisco giocare a carte con un amico. So di trattare tutte le persone allo stesso modo: se ho davanti a me il numero 1 della classifica o chi pulisce gli spogliatoi, io mi comporto sempre ugualmente, con educazione. Prima di comprare qualcosa guardo sempre il prezzo, sempre. Se vado al ristorante e la pasta al ragù costa molto più di quella al pomodoro, prendo quella al pomodoro. Non perché sia tirchio, ma perché rispetto il denaro. L’unico regalo che mi son fatto è la macchina. Sono passati molti anni da quando ho spaccato una racchetta. La racchetta è la cosa più importante che abbiamo”.
E ancora: “Tutte le partite che si vincono, non si vincono nel giorno in cui si disputano. Si vincono preparandosi per mesi, forse anni, lavorando per quella partita. Vedremo se questo lavoro servirà anche al primo fallimento, vedremo come reagirò. Ma non ho paura di sbagliare, non ci penso. Non vedo che senso abbia pensarci“.