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Nel successo di Sinner c’è anche la tristezza di aver rinunciato alla propria adolescenza

Il Giornale: la rinuncia è il sacrificio per far sì che il talento si unisca all’abnegazione. La certezza di non poter più riavere l’adolescenza

Nel successo di Sinner c’è anche la tristezza di aver rinunciato alla propria adolescenza
Italy's Jannik Sinner hits a return against Argentina's Sebastian Baez during their men's singles match on day six of the Australian Open tennis tournament in Melbourne on January 19, 2024. (Photo by David GRAY / AFP) / -- IMAGE RESTRICTED TO EDITORIAL USE - STRICTLY NO COMMERCIAL USE --

Nel successo di Sinner c’è anche la tristezza di aver rinunciato alla propria adolescenza. Lo scrive Il Giornale con Domenico Ferrara.

Esser andato via di casa a 13 anni

Sul trionfo di Sinner cade una goccia di tristezza. È lui stesso a farla scivolare, ma con semplice naturalezza. Non è un’accusa ai genitori o una recriminazione sulla vita, ma è un semplice dato di fatto, una constatazione. Amara, per carità, ma già elaborata. Nei 22 anni del campione italiano c’è anche, forse soprattutto, questo: la consapevolezza di aver perso l’adolescenza unita alla certezza che non potrà mai riaverla. Saper lasciare andare: è lì la chiave. Sia per chi, come Jannik, va via di casa a 13 anni, sia per  chi, come i suoi genitori, ha la forza di rinunciare a un figlio.

Sinner alla ricerca del tempo perduto

Perché di questo si tratta: la rinuncia è il sacrificio per far sì che il talento si unisca all’abnegazione; una concessione di libertà nella privazione. «Per un genitore lasciare andare un figlio così presto non è facile. Ci siamo persi molte cose che sto cercando di recuperare con mio papà, che ogni tanto mi accompagna ai tornei. Ma l’adolescenza è persa». Quelle di Sinner sono parole che colpiscono il cuore, forti come un ace a 200 chilometri orari. L’assenza è il prezzo da pagare. Come Marcel, il protagonista del romanzo di Proust, il giovane re di Melbourne sembra ancora alla ricerca del tempo perduto, sebbene sia certo che non possa tornare. 

Sinner visto da Bertolucci (ieri su Libero)

L’ex tennista Paolo Bertolucci ha rilasciato un’intervista a Libero sulla vittoria di Jannik Sinner agli Australian Open.

Jannik e Roger [Federer] non sono teoricamente molto diversi tra loro?

«Certo, ma i numeri suggeriscono suggestioni notevoli: Sinner ha vinto il primo Slam a 22 anni e dopo 17 tentativi. Federer conquistò Wimbledon nel 2003 alla stessa età dopo 17 iscrizioni fallite negli Slam».

E’ un segnale di gloria futura?

«Piuttosto un intreccio statistico beneaugurale. Jannik ha toccato il cielo con un dito e marchierà a fuoco il tennis mondiale per i prossimi dieci anni».

Panatta sostiene che può vincere ovunque, ma deve migliorare sulla terra battuta…

«Ha ragione. Jannik gioca il tennis migliore sul veloce indoor, dove il vento non lo disturba. Gli Us Open ma anche l’erba di Wimbledon sono però alla sua portata».

Esiste un’azienda Sinner?

«Una multinazionale creata da lui quando si staccò da Piatti. Decise di investire i propri guadagni per fare un tennis-mercato. Andò da Cahill e gli chiese di allenarlo. Dopo ha contattato Vagnozzi e poi ha cercato un bravo fisioterapista, Naldi, che lavorava nel basket per la Virtus Bologna. Ha anche un mental coach personale, Riccardo Ceccarelli, che da trent’anni lavora coi piloti della Formula 1. Il grande tennista si circonda di un costosissimo staff che ha bonus in base ai risultati ottenuti dall’assistito».

Il segreto che ha fatto diventare Jannik un campione?

«E’ un fuoriclasse, ma il talento non sarebbe bastato. Il pomeriggio del 31 dicembre a Montecarlo faceva freddo ma l’ho visto in campo a provare il servizio. Non era a farsi spritz con gli amici. Nella finale contro Medvedev ha vinto per due, tre dettagli. Dal cilindro ha estratto il coniglio bianco salvando una palla break con un ace pazzesco. Lì ho visto in lui il fuoriclasse».

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