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Schmeichel: «Allo United ti ridicolizzano, l’istinto diventa pensiero e lì sei fregato»

Alla Süddeutsche: “Lo United è troppo grande per alcuni giocatori. Neuer? Per me è ai livelli di Paolo Maldini, al di là del ruolo”

Schmeichel: «Allo United ti ridicolizzano, l’istinto diventa pensiero e lì sei fregato»

Peter Schmeichel rappresenta come nessun altro la rivalità tra Manchester United e FC Bayern Monaco, in campo stasera in Champions. C’era lui a difendere la porta dello United nell’indimenticabile 2-1 al Bayern nella finale di Champions League del 1999: fu la sua ultima delle 398 partite ufficiali con i campioni d’Inghilterra. Faceva parte della famosa “Classe del 92”, quella di David Beckham, Ryan Giggs e Paul Scholes . Ha fatto la storia anche con la Nazionale danese vincendo gli Europei del 1992.

Oggi ha 60 anni, e commenta il calcio inglese per diverse emittenti televisive. Intervistato dalla Süddeutsche Zeitung parla del Manchester United, e di come le cose siano andate così storte negli ultimi anni: “Il Manchester United è troppo grande per alcuni giocatori. Hanno difficoltà ad affrontare le circostanze particolari del club. Quando varchi i cancelli dell’Old Trafford hai la sensazione di avvertire immediatamente una forte pressione sulle tue spalle. Le aspettative sono enormi. E’ bello avere successo con i migliori club europei. Ma quando un giocatore si trasferisce allo United, all’improvviso tutti quelli che hanno a cuore il calcio lo guardano. E lo United è il marchio più chiacchierato di tutti. Questo è un fatto. Potrebbe non avere lo stesso successo del Real. Tuttavia, in termini di popolarità e percezione, è molto più avanti di tutti”.

“Non appena un giocatore viene criticato o persino ridicolizzato, la prossima volta cerca di impegnarsi di più. Raramente riesci in qualcosa se provi a forzarlo. Da calciatore devo seguire il mio istinto. Quindi faccio quello che sento in campo. Ma quando vengo costantemente criticato, tutto quello che faccio diventa improvvisamente più un pensiero che un istinto. E quando diventa un pensiero, sei in ritardo di una frazione di secondo nelle azioni decisive”.

Per Schmeichel i guai sono cominciati “dopo che Alex Ferguson se ne è andato nell’estate del 2013. Sir Alex è stato lì per 27 anni. Ha costruito il sistema. Quando sono arrivato alla sua sesta stagione, aveva solo un piccolo staff. Lo ha poi ampliato nel corso di molti anni. Di conseguenza, non c’è mai stato un grande sconvolgimento. Quando arriva un nuovo allenatore, deve prendersi cura dei giocatori e dei dipendenti che si erano abituati a Ferguson. Ciò rende il lavoro difficile. Ogni allenatore è sempre indietro”.

Il punto è che “ogni allenatore, come Ten Hag, vuole portare in campo i giocatori di cui è convinto. Ma prima o poi Ten Hag potrebbe non esserci più. Quindi ci deve essere qualcuno nel club che abbia la responsabilità generale e chieda se questo o quel giocatore è effettivamente necessario. Non possiamo inserire sette giocatori con un passato olandese per Ten Hag, perché questo non è il campionato olandese”.

Poi a Schmeichel chiedono di Neuer. Lui lo paragona a Maldini. “Ricordo la semifinale degli Europei del 2012, quando la Germania dovette rimontare dallo svantaggio contro l’Italia. Neuer era quasi costantemente a metà campo e ho pensato: quale altro giovane portiere può farlo? Non solo intercettava alcuni contropiedi italiani, ma di solito controllava anche la palla in modo tale che l’attacco successivo potesse iniziare subito. È stato in quella partita che è emersa la sua personalità. A prescindere dal ruolo, lo vedo allo stesso livello dei Paolo Maldini. Non ce ne sono davvero molti del suo calibro. Sicuramente ha portato il ruolo ad un altro livello. Mi vengono in mente solo uno o due portieri che possono interpretare un tiro come fa lui”.

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