Facchinetti: «Curo i diritti di immagine di Milinkovic-Savic e Tonali. Diventerò procuratore»
Al CorSera: «Colleziono auto di lusso come le Rolls. Me le merito, perché mi sono fatto un culo quadrato. Ci giro, non le tengo in garage»

Il Corriere della Sera intervista Francesco Facchinetti, figlio di Roby, icona dei Pooh. Racconta il rapporto con il padre.
«Siamo teste dure, ci scontriamo spesso, discutiamo ogni santo giorno, su qualunque cosa. E da buoni bergamaschi ci diciamo tutto in faccia. Poi però ci passa e finisce lì».
Facchinetti racconta che da bambino lo chiamavano Attila, era terribile. A 14 anni era un improbabile catechista.
«Frequentavo il liceo classico di Comunione e Liberazione vestito da punk con la cresta multicolore. Ai bambini insegnavo religione e le mosse di wrestling. Nella mia testa ero convinto di essere un genio e di poter andare avanti senza aprire un libro. Ho recuperato dopo, studiare mi ha aiutato a non sentirmi a disagio».
Nascere figlio dei Pooh è stato un marchio? Facchinetti:
«Una figata, dai. Però non ho mai osato paragonarmi a papà, lui è una rockstar, un genio della madonna. Lo apprezzavo persino nella fase da punkabbestia, quando ascoltavo i Sex Pistols e frequentavo il laboratorio anarchico. Nessuno lo sapeva, capirai, i Pooh, il simbolo borghese. Quando lo scoprirono fui cacciato».
Gli chiedono se rinnega il passato da Dj Francesco con la celebre Canzone del Capitano («Porta in alto la mano/Segui il tuo capitano/Muovi a tempo il bacino/Sono il capitano uncino»). Facchinetti risponde:
«E perché dovrei? È stato un momento bellissimo della mia vita, ero un pischello mezzo svitato di Mariano Comense, mi sono ritrovato primo in classifica per venti settimane, la Canzone del Capitano la cantavano tutti»
Vanta persino un duetto con Pavarotti.
«Ero in macchina con Claudio Cecchetto. Mi chiede: “Che ti andrebbe di fare?”. “Scelsi la risposta più assurda: Un pezzo con Pavarotti”. Lui imperturbabile: “Va bene, chiamo Nicoletta”. Luciano si divertì un sacco a cantare con questo schizzato con metà testa rasata e metà no».
Facchinetti adesso metterà in scuderia i calciatori.
«Un progetto che parte da lontano, con una nuova società, ci ho messo 5 anni. Intanto mi occupo già dei diritti di immagine di Sergej Milinkovic-Savic e Sandro Tonali. Poi passerò alla procura, ho un patentino inglese, spagnolo e quello Fifa, l’unico impossibile è quello italiano, bisogna passare un esame da avvocato. Il calciatore è un artista, un’icona, un supereroe».
Era stempiato, poi si è ripresentato con il ciuffo e lo ha raccontato ai quattro venti. Facchinetti:
«Ho sempre avuto questo problema dei capelli che mi trapanava il cervello. Li perdevo e ho provato di tutto. Fialette, polverine colorate, un disastro, sporcavo il cuscino, imbarazzante. Poi ho trovato la soluzione con una patch cutanea e l’ho ammesso, pazienza se mi dicono che ho in testa un gatto morto, mi sento meglio».
Ha ancora la Rolls Royce?
«Più d’una, mi piace collezionare auto di lusso come le Rolls, in onore al mio idolo John Lennon che la sua la dipinse a fiori. Le ho avute nere, verdi, bianche, me le merito perché mi sono fatto un c..o quadrato. Ci giro, non le tengo in garage. Ma crescendo capisci il giusto peso da dare ai beni materiali, che non sono fondamentali».