Brych: «Il Var ha tolto autorità all’arbitro. Hai bisogno di alleati tra i giocatori, sennò non puoi arbitrare»

L'intervista della Faz all'arbitro tedesco: «Oggi comanda il video, anche se siamo gerarchicamente superiori. Il Var ha cambiato il calcio»

Brych

German referee Felix Brych looks on during the German first division Bundesliga football match between Hertha Berlin and FC Union Berlin in Berlin on January 28, 2023. (Photo by Ronny Hartmann / AFP) / DFL REGULATIONS PROHIBIT ANY USE OF PHOTOGRAPHS AS IMAGE SEQUENCES AND/OR QUASI-VIDEO

Siamo abituati a offenderli. E più non parlano, peggio è. Meno spiegano, meno il pubblico capisce cosa significhi essere un arbitro di calcio, ai massimi livelli. Invece lo spiega benissimo in una bella intervista alla Faz l’ex internazionale Felix Brych, uno che ha arbitrato una finale di Champions, nel 2017, il primo arbitro a dirigere cinque partite in un Europeo, nel 2021, tra cui Italia-Spagna (“Ero nella migliore forma della mia vita. Conoscevo la maggior parte dei giocatori. Sapevo cosa fare. A volte non puoi spiegarlo. Era solo il mio torneo”). Insomma un “top”. Parla dell’autorità del ruolo, di come la si costruisce, della gestione dei rapporti, del suo lavoro. Uno sguardo dall’interno.

“La mia autorità è alla base di quasi tutto ciò che faccio come arbitro. Inizia con la mia forma fisica, con il mio aspetto. Anch’io ho sempre voluto essere un atleta. Se i giocatori mi vedono come tale, ho già autorità. Come autorità, devo anche essere fiducioso. E poi ovviamente ci sono le mie decisioni. Quando ho più ragione che torto, i giocatori credono in me”.

“Devi sviluppare il rapporto con i giocatori. Come arbitro devi fare i conti con il fatto che i giocatori saranno sempre quelli più popolari e ricchi”. “Imposto subito i limiti. Devi sviluppare lentamente una relazione senza perdere le distanze. Volevo che i giocatori si fidassero di me ma non superassero i limiti. Credo fosse questo il mio segreto: ero in contatto con i giocatori, ma non permettevo a nessuno di avvicinarsi troppo. Non volevo compiacere, volevo essere rispettato”.

Nell’aprile del 2011 ha diretto l’andata dei quarti di finale del Real Madrid in Champions. All’inizio della partita Sergio Ramos gli si avvicina e gli dice che non vuole essere ammonito perché è già diffidato sarebbe stato squalificato per il ritorno.

“Dovevo proteggere me stesso, la mia autorità, la mia integrità, ma non potevo nemmeno ignorarlo. Gli ho poi detto che avrei tenuto d’occhio la sua situazione se non solo lui ma anche i suoi compagni si fossero comportati bene. Ha funzionato bene. Dopo, ho arbitrato molte partite del Real Madri. Da allora non ho mai avuto problemi con Sergio Ramos”.

Non puoi arbitrare partite come quella da solo. Hai bisogno di partner sul campo, nelle squadre. Devi essere parte del tutto, parte del gioco”. 

E così, “poiché avevo Sergio Ramos sotto controllo, avevo anche Pepe, suo compagno di squadra a Madrid, sotto controllo. L’ho usato quando ho arbitrato il Portogallo. Non era Cristiano Ronaldo il giocatore che voleva comunicare con gli arbitri. Pepe era più importante. È uno che esplora i confini e gli piace anche attraversarli. E quando lo faceva, lo facevano anche i suoi avversari. Questo è un male per l’arbitro. Gli ho inviato messaggi attraverso i suoi compagni di squadra. Questo lo ha reso orgoglioso e la mia vita più facile”. 

Ho sempre tenuto gli occhi e le orecchie aperti. Se scopri che un giocatore si è separato dalla moglie o che vuole lasciare il suo club, anche questo aiuta, puoi giudicare i giocatori in modo diverso in quel momento”.

Brych racconta che una volta, nel 2015, in Champions vinse una gara di sguardi “feroci” con Raúl García dell’Atletico Madrid. “Dopo il riscaldamento ho guardato nella sua direzione e ho aspettato che mi guardasse. E lui guardò. Lo sapevo. Voleva mostrare all’arbitro: sono qui. Ma io gli ho mostrato: sono ancora qua. Lo guardai finché non fui nello spogliatoio”.

E così come con Ronaldo anche Messi non era l’uomo-arbitri in campo: “Lui vuole solo giocare a pallone, nel Barcellona il mio ‘contatto’ era Sergio Busquets”.

Si parla di Var. E dice che tutto è cambiato: “Siamo sotto pressione per spiegare tutto a causa delle prove video. Non va bene. In passato non potevi guardare nella testa dell’arbitro. Il fatto è che ora ci sono due livelli decisionali. In campo, l’autorità dell’arbitro è messa in discussione perché puoi chiedere informazioni a quel secondo livello. È come se io, come cliente, potessi discutere con l’impiegato del supermercato e poi poter parlare sempre con il responsabile del negozio, anche se l’arbitro di campo è gerarchicamente sopra l'”assistente” del video. La finalità delle nostre decisioni è svanita. Dobbiamo conviverci. Dobbiamo provare a manifestare la nostra autorità in campo”.

Dice che prima senza Var “l’autorità e la discrezione dell’arbitro erano accettate. Oggi l’area della discrezione è costantemente messa in discussione. Vorrei vedere ripristinata quella discrezione. Ci sono decisioni che non sono chiare. C’è un arbitro per questo. Penso che il Var abbia cambiato il calcio. E per certi versi non penso che sia neanche una buona cosa. Ma come arbitro sono egoista e penso alla mia protezione. Non voglio più correre rischi. Non fischierei più senza l’assistente video“.

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