Tomba: «Mi hanno fatto i complimenti ma quando ho smesso molti, in federazione, erano contenti»
Al CorSera: «Hanno preferito che vincessero Girardelli e Zurbriggen piuttosto che un bolognese cittadino. Essere sex symbol aiuta, ma devi anche essere vincente».

Db Coriano (Rimini) 27/10/2011 - foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Alberto Tomba
Il Corriere della Sera intervista Alberto Tomba. Ha 56 anni, ha cambiato la storia dello sci: è stato l’unico atleta a vincere per 11 anni consecutivi, tra il 1987-1998, almeno una gara in Coppa del Mondo. Ha portato lo sci nelle case
degli italiani. Per il suo stile aggressivo in pista e il carattere estroverso si è guadagnato il soprannome di «Tomba
la Bomba». Domani ricorrono i 25 anni del suo ritiro dalle gare.
Il cognome «cimiteriale» le ha mai dato problemi? Tomba:
«Qualcuno a scuola sì. Si fanno battutine: nel mio caso, silenzio di tomba, pietra tombale, bara, sepolcro… Avrei potuto vederlo come una forma di bullismo, ma non ci davo peso».
Come mai usa spesso i giochi di parole?
«Per istinto: a scuola andavo bene in geografia e nelle rime. Però la mia specialità sono anche i numeri. Ho salutato le vittorie con cifre e con calembour. Calgary è nell’Alberta, poi è venuta Albertville; un posto più un altro fanno i due ori in Canada… Quindi partivano le filastrocche: non c’è il due senza il tre, la quarta vien da sé, la quinta è già vinta, la sesta è una festa».
Aveva un fascino magnetico: come mai? Tomba:
«Si può spiegare così: estroverso, bolognese, con la faccia diversa dai montanari che hanno le piste sotto casa. E poi: amore e odio, due opposti che hanno segnato la mia carriera».
Ricorda la prima volta sugli sci?
«No. Avrò avuto 7 anni, o forse 5, ma non rammento nulla. Non immaginavo però di arrivare a certi livelli, tutto è andato oltre i sogni: pensavo di arrivare ai Giochi, ma non di vincerli e men che meno di conquistare tre ori».
Quanti ne ha messi in soggezione psicologica?
«Tanti. Una volta alla prima porta sento “stop, stop, stop” e mi fermo. Stangassinger era in testa, ma alla fine ho vinto io, sotto la pioggia. A Lech commisi un errore, persi 2 secondi però rimontai e li battei tutti. Mi subivano? Forse sì».
Diceva che quelli della Federazione Internazionale la osteggiavano: Tomba dava fastidio?
«Forse hanno preferito che vincessero Girardelli e Zurbriggen piuttosto che un bolognese cittadino. Io ho portato l’audience ed è cambiato tutto. Mi hanno fatto i complimenti, ma quando ho smesso molti erano contenti».
Lei e Bode Miller siete stati, e siete ancora, popolari come pochi. Come mai? Tomba:
«Perché eravamo diversi. Bode più di me: lo vedevi in giro a ballare e a bere birra. Del resto uno che ha attaccato la medaglia d’oro allo sciacquone del gabinetto è come minimo originale».
Crede che il successo sia legato all’immagine da «macho italiano»?
«Sì: essere un sex symbol aiuta, ma poi devi anche essere vincente».
Quante ragazze ha avuto? Tomba:
«Sul piano affettivo poche, ma ne ho conosciute parecchie. Sì, certo, si avvicinavano prima di tutto perché ero famoso: non è facile tenere i conti… Comunque, altri tempi, ma il corteggiamento era più bello una volta».
Qualche ipercritico sostiene che lei è troppo legato alla mamma. Tomba:
«È ovvio che sia così e comunque non è troppo. Già a 15 anni ero in giro per il mondo, lei era in pensiero: la chiamavo dalle cabine telefoniche o dalle stanze d’albergo. E quando partivo mi dava la pasta, l’olio, il parmigiano: ci teneva, invece mio padre era burbero e “selvaggio”».
Teme che nel tempo ci si dimentichi di Alberto Tomba?
«C’è chi mi dice: ti ricorderemo sempre. Per ora è vero e mi commuovo per l’affetto che mi riservano: adesso capisco quanto ho combinato».
Tomba amava la ribalta o era la ribalta che andava da Tomba?
«Entrambe le cose. I 20 mila tifosi sugli spalti non mi davano pressione, semmai mi caricavano».
Ha avuto più amici o nemici?
«Dico 70% amici e 30% nemici».
Lei vinceva ridendo. Oggi accade di meno.
«Viviamo anche in tempi più difficili, il nuovo millennio è un disastro. Rimpiango gli anni 80 e 90».
Gioele Dix la imitava: le dava fastidio?
«Gioele è stato a casa mia. Lo sfottò lo accettavo, non mi andava invece il “bella gnocca”, perché io dicevo semmai “bella bimba”. Lo sapete che quando incontravo i ragazzini partiva proprio il “bella gnocca”? Diseducativo».