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Szczesny: «Non mi piace fare il portiere. Volevo fare l’attaccante, ma ero troppo alto e scarso»

A Dazn: «Gli errori una volta mi sembravano insormontabili, oggi non mi cambiano la vita. I gay? Il calcio è pronto ad accettare tutti per quello che sono».

Szczesny: «Non mi piace fare il portiere. Volevo fare l’attaccante, ma ero troppo alto e scarso»
Mg Milano 24/10/2021 - campionato di calcio serie A / Inter-Juventus / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Wojciech Szczesny

Il portiere della Juventus e della Polonia, Wojciech Szczesny, si racconta a “Riflessi“, la nuova puntata di Dazn Heroes. Szczesny confessa di non amare il ruolo di portiere.

«La prima volta che ho indossato i guanti ero molto giovane, avevo 3-4 anni, è stato con mio papà: non mi piaceva per niente. Non mi piace ancora. Giocavo sempre con mio fratello, facevo l’attaccante: ma ero una punta scarsa, alta, che non controllava la palla. Dopo qualche mese l’allenatore è stato molto onesto con me e mi ha detto: ‘Guarda, sei alto, tuo padre è un ex portiere: prova in porta’. Ci ho provato ed è andata bene».

Szczesny parla del suo modo di intendere il ruolo di portiere.

«Non c’è un modo corretto di fare il portiere, quindi non ho mai guardato un altro portiere per seguire le sue parate. Tante volte guardo i portieri avversari per dare dei consigli ai miei compagni, ma mai per seguire il lavoro che fanno loro».

Szczesny è arrivato alla Juventus dalla Roma nel 2017. Nel momento in cui Gianluigi Buffon si stava preparando al passaggio di consegne.

«Sono arrivato nel momento giusto: avevo tanto da imparare, ma avevo un’esperienza a livello internazionale importante. Mi sentivo pronto ad affrontare una situazione che prevedeva la sostituzione di uno come Gigi Buffon, che a me sembrava una cosa facile ai tempi, ma magari per un altro non così tanto sveglio a livello mentale non sarebbe stato semplice da gestire».

Racconta com’è con i suoi compagni.

«Sono uno che non può entrare in campo carico: quando sto per entrare in campo carico so che sto per combinare qualcosa. Il rapporto con i difensori è molto importante: devi fare un profilo psicologico di ogni giocatore. C’è chi ha bisogno di coraggio per tutti e 90 i minuti e sono quelli che devi massacrare: quando Joao Cancelo è stato qua mi soffriva per 90 minuti, tutta la stagione, e dopo la partita mi diceva ‘Basta Tek’. Ma lui ne aveva bisogno, secondo me, magari ho sbagliato perché dopo un anno se n’è andato».

Szczesny parla anche dell’importanza degli errori, di quanto aiutano a crescere.

«L’errore da giovane mi sembrava la fine del mondo, ma più ne fai più sei abituato a farne e li accetti. Fa parte del gioco. Nel bene o nel male l’aspetto mentale non dovrebbe mai cambiare, ma da giovane mi sembrava molto più difficile. Oggi gli errori li accetto: il giorno dopo la partita li analizzi, ma durante la partita non mi cambia la vita».

Ancora sui rigori:

«Mi piace che l’avversario sia tranquillo. Al Mondiale è stato bello, a me piace quando il rigorista non é nervoso, così so che tira come ho analizzato. Però adesso lo sanno e non ne paro più! Dipende tanto da chi tira e come lo tira, negli ultimi anni tanti guardano il portiere e non il pallone, allora cerco di portarli da una parte».

Szczesny parla anche dell’omofobia.

«Siamo liberi di amare e di fare ciò che ci pare, sono sicuro che il mondo del calcio è pronto ad accettare tutti per quello che sono. Sicuramente è un tabù perché in tanti non lo hanno ammesso per anni. Come è naturale che sia, ci sono dei ragazzi gay nel calcio. Magari, oltre a chi non ha coraggio di fare coming out c’è anche chi decide di non dichiararsi per scelta. Se preferisce che nessuno lo sappia è giusto così. Ognuno deve sentirsi libero di fare quello che preferisce e di essere chi è».

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